I pazienti cambiano, le malattie evolvono e il contesto sanitario si trasforma. In questo scenario in continua mutazione, strumenti e termini che una volta sembravano impensabili sono diventati parte integrante della pratica medica.
Se in passato il rapporto frontale tra medico e paziente era l’unica via percorribile, oggi la tecnologia offre un supporto prezioso per accelerare i processi e ridurre le liste d’attesa, garantendo che molti pazienti possano ricevere cure tempestive.
In che modo, ad esempio, la tecnologia può affrontare sfide complesse, come lo screening delle complicanze oculari legate al diabete?
A questa domanda ha risposto il Dott. Roberto Perilli, Responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Oculistica Territoriale presso l’ASL di Pescara, durante il webinar “Cure digitali: trasformare le promesse in realtà”, organizzato dalla rete FARESANiTÀ il 19 dicembre 2024 con il contributo non condizionato di Samsung.
La retinopatia diabetica
La retinopatia diabetica rappresenta una delle principali cinque cause di cecità a livello globale e la terza nei paesi industrializzati. Mentre in altre aree del mondo problematiche come cataratta e difetti visivi sono prevalenti, nei paesi avanzati sono tre le principali cause di cecità civile: retinopatia diabetica, degenerazione maculare senile e glaucoma. Cecità civile non significa necessariamente perdita totale della vista, ma implica una condizione di grave compromissione visiva che consente di accedere a indennizzi dell’INPS o ad agevolazioni per ipovisione lieve, media o grave.
“La retinopatia diabetica è un problema che si estende su tre livelli: medico, sociale ed economico. Dal punto di vista medico, è una causa rilevante di cecità e grave ipovisione. Sul piano sociale, chi soffre di ipovisione richiede un sistema di supporto che spesso le famiglie non sono in grado di fornire da sole. Infine, l’impatto economico è significativo, poiché le indennità e le agevolazioni necessarie incidono sul bilancio dello Stato” spiega Roberto Perilli.
La retinopatia diabetica è anche la principale causa di cecità al mondo in età lavorativa, colpendo persone tra i 18 e i 65 anni. Un’eccezione notevole è rappresentata dal Regno Unito, dove strategie di prevenzione avanzate hanno ridotto drasticamente questa incidenza.
Screening della retinopatia diabetica: il modello britannico
“Una decina di anni fa mi sono avvicinato alla digitalizzazione partecipando a uno studio nazionale per introdurre in Italia lo screening della retinopatia diabetica tramite fotografia del fondo dell’occhio, refertata a distanza. Informandomi, ho scoperto che in Gran Bretagna queste procedure erano operative già dai primi anni 2000” continua Perilli.
In Gran Bretagna, lo screening delle complicanze oculari del diabete – che in Italia interessa circa 4 milioni di persone – è stato affrontato introducendo la retinografia digitale, una tecnica che consente di osservare i piccoli vasi sanguigni, bersaglio delle lesioni diabetiche, direttamente sulla retina.
Il Dott. Perilli evidenzia un aspetto interessante della medicina moderna: “Spesso mi capita di utilizzare la dicitura “occhi senza volti,” perché sempre più frequentemente ci troviamo ad osservare degli occhi senza aver mai visto il viso del paziente. Un concetto che sarebbe stato impensabile nella medicina di 50, 40 o anche solo 30 anni fa”.
Il sistema britannico, denominato Diabetic Eye Screening Programme, è stato perfezionato, diventando un servizio nazionale erogato dal National Health Service (NHS). Le immagini vengono catturate in studi di medicina o in postazioni mobili, refertate da personale appositamente formato e controllate da esperti nei casi controversi. I risultati sono poi restituiti al paziente o al suo diabetologo, che sono gli utenti terminali del percorso.
Quali sono i risultati di questa procedura?
I numeri sono chiari, come sottolinea il Dott. Roberto Perilli: “In Italia, il nostro approccio alla diagnostica della retina coinvolge principalmente i diabetologi, noi oculisti esaminiamo il fondo oculare in ambulatorio, redigiamo il referto e lo inviamo al diabetologo. Questo metodo, però, fa sì che solo il 10-15% dei diabetici in Italia esegua l’esame del fondo oculare secondo le linee guida. In Gran Bretagna, invece, in pochi anni sono riusciti a sottoporre a screening ’83% dei diabetici, trasferendo la diagnostica dall’ambulatorio alla digitalizzazione”.
Questo approccio ha introdotto un principio fondamentale: la prevenzione può essere realizzata anche in modo alternativo. In Gran Bretagna, e in Portogallo che ha intrapreso un percorso simile, lo screening funziona così bene e l’identificazione dei casi è così precoce che la retinopatia diabetica non è più la causa primaria di cecità nei lavoratori tra i 18 e i 65 anni, con tutte le implicazioni sociali, previdenziali e mediche che ciò comporta.
Un modello innovativo a Pescara
Perilli racconta un’esperienza innovativa implementata a Pescara, in collaborazione con il Prof. Agostino Consoli, Professore Ordinario di Endocrinologia di Chieti: “Abbiamo sviluppato un sistema simmetrico che semplifica il processo di screening della retinopatia diabetica. I pazienti diabetici ricevono direttamente in diabetologia un appuntamento per l’esame digitale del fondo oculare. Le immagini vengono poi refertate e caricate nella cartella digitale diabetologica, un sistema utilizzato da circa il 90% delle diabetologie italiane. In pochi giorni, il referto è accessibile ai diabetologi e ai medici di famiglia, grazie alla compatibilità del software con quelli dei medici di base, consentendo così un monitoraggio costante e tempestivo”.
Oltre a identificare precocemente le complicanze del diabete, l’esame del fondo oculare fornisce anche informazioni cruciali sull’andamento della malattia, dato che il microcircolo visibile sulla retina riflette la gestione del diabete stesso.
L’esame non si limita solo alla retinopatia diabetica: l’immagine del fondo oculare può identificare anche le altre principali cause di cecità, come glaucoma e degenerazione maculare.
“A Pescara, grazie a questo sistema innovativo, siamo riusciti a ridurre i tempi di diagnosi e cura, facilitando l’accesso alle prestazioni sanitarie e migliorando il percorso diagnostico per i pazienti. Grazie all’integrazione digitale, il numero di visite oculistiche è aumentato, contribuendo anche a ridurre le liste d’attesa e migliorare il sistema sanitario locale” conclude il Dott. Roberto Perilli.