Il tema dell’umanizzazione delle cure, pur essendo al centro del dibattito internazionale da molti anni, resta di grande attualità. Il semplice assioma di vedere il paziente non solo come destinatario dei servizi è ampiamente condiviso in teoria ma disatteso nella pratica. Peraltro, l’umanizzazione delle cure, oltre che a principi etici ineludibili, è sempre più necessaria per le pressanti istanze sociali. I cittadini ritengono, ormai, inaccettabile essere catalogati come sintomo, segno, organo malato. Richiedono una presa in carico globale del vissuto e delle percezioni correlate all’esperienza di cura.
Servizi sanitari centrati sulle persone hanno un approccio programmatorio e organizzativo che adotta la prospettiva degli individui, delle famiglie e delle comunità. Le persone sono sia beneficiari, sia partecipanti attivi di sistemi sanitari che rispondano ai loro bisogni e preferenze con un approccio umano e olistico.
Così si bilanciano i rischi legati alla “oggettivazione, biologizzazione, e meccanicizzazione” della persona nelle pratiche quotidiane della cura. Rischi generati dalla difficile gestione del contatto con la sofferenza umana, dall’eccesso di domanda, dalle illimitate aspettative dei pazienti. Il complessivo carico di responsabilità rischia di portare gli operatori a mettere in atto atteggiamenti difensivi o protettivi.

Umanizzazione tra i requisiti per le strutture sanitarie
Queste istanze sono state intercettate dai diversi livelli istituzionali internazionali, nazionali, regionali e locali e dalle associazioni di cittadini. Sono, ora, elementi indispensabili per la governance dei sistemi sanitari. I criteri di umanizzazione delle cure e dell’accoglienza sono stati inseriti tra i requisiti di accreditamento per le strutture sanitarie di qualunque livello assistenziale.
La frase “per umanizzare, gli operatori vanno umanizzati” riassume, in altri termini, la necessità di mantenere la propria umanità in un’attività professionale quotidiana nella quale la pressione esercitata dai carichi di lavoro e dalla tipologia delle attività possono sfociare, come noto, addirittura in fenomeni di burnout. Tutto questo comporta un costante impegno del Management per garantire il massimo benessere organizzativo nelle strutture al fine di rispondere adeguatamente alle richieste e alle istanze dei cittadini.
Proporre un nuovo umanesimo della salute
Una nuova visione che la gestione delle cure è un qualcosa che “esseri umani, fanno per altri esseri umani” è l’assunto guida, che aggrega i due pilastri fondanti di un sistema in grado di garantire la centralità del paziente: la crescita di una cultura professionale degli operatori orientata all’umanizzazione ed il loro benessere nell’organizzazione. Siamo fermamente convinti della necessità di un nuovo Umanesimo della salute quale corrente culturale e filosofica, fondata su assunti consolidati a livello internazionale, ma da arricchire, nel particolare delle concrete attività aziendali, con il recupero ed il rinforzo della naturale attitudine degli operatori a ricevere e gestire emozioni nel rapporto con i cittadini/utenti. In altre parole essere portati ad esprimersi innanzitutto come persone.
Rendere i luoghi di cura e le stesse pratiche medico assistenziali, accessibili, sicure e senza dolore, conciliando politiche di accoglienza, informazione e comfort con percorsi assistenziali il più possibile condivisi e partecipati con il cittadino, rappresenta il valore positivo sul quale impostare l’azione operativa. Parallelamente, avere cura costante del benessere organizzativo e degli operatori, sarà l’altro asse portante nella ferma convinzione che il sostegno capillare ad ogni iniziativa sarà possibile solo ponendo al centro l’operatore, la sua professionalità e le sue aspettative.
In definitiva, il cambio di paradigma evocato dall’umanizzazione trova fondamento in una concezione più matura e multidimensionale della salute, che integrando l’approccio biomedicale, l’approccio bio-psico-sociale e quello ecologico-sistemico, include oggi la dimensione fisica, psicologica, affettivo-relazionale, sociale, economica, valoriale e culturale della persona, vista nella sua totalità e complessità.
Umanizzazione delle cure e nuove tecnologie
La crescita delle prestazioni in forma di telemedicina, verificatesi anche nel nostro paese in concomitanza della pandemia COVID-19, rappresenta la nuova frontiera dell’assistenza e pone nuove sfide anche in tema di umanizzazione delle cure. Il rischio di una nuova e ancora più radicale forma di allontanamento dal paziente, legato alla smaterializzazione della relazione e alla mancanza di contatti umani diretti, è reale laddove non si ricorra a specifici correttivi. Lo strumento tecnologico, inserendosi in un percorso di cura può diventare un potente supporto per il paziente e metterlo al riparo dalle inevitabili burocrazie del sistema per quanto riguarda l’accessibilità ai servizi.
Decisiva in tal senso è la qualità della costruzione del percorso di cura che oltre ai benefici citati deve assicurare l’efficacia clinica ed una flessibile continuità con i diversi settingassistenziali. Per questo è determinante la consapevolezza e la cultura degli operatori sui limiti e le potenzialità degli strumenti e la loro capacità di creare e mantenere la relazione fiduciaria tra curante e persona malata anche in questa peculiare modalità di assistenza.
Vincenzo La Regina, Direttore Sanitario ASL Roma 6 e ideatore del modello “Triangolo della Salute©”.