I primi 1000 giorni di vita, un periodo che va dal concepimento fino ai due anni di età, sono un momento cruciale per lo sviluppo del bambino/a. Per parlare di questo tema e delle strategie di supporto alle mamme e alla coppia, tra allattamento e genitorialità responsiva, abbiamo intervistato la Dott.ssa Ostetrica Cristina Panizza, consigliere della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica (FNOPO).
L’importanza dei primi 1000 giorni
“Nei primi 1000 giorni il cervello si sviluppa rapidamente e le esperienze iniziali sono determinanti per la formazione delle capacità cognitive, motorie, sociali ed emotive – afferma la Dott.ssa Panizza -. Questo periodo richiede un’attenzione particolare da parte di tutti i professionisti sanitari. Le ostetriche in primis hanno una finestra di opportunità importante perché operano sia nei consultori che negli ospedali dove assistono le coppie e le future mamme, non solo durante la gravidanza, il parto ed il post parto ma anche prima della gravidanza stessa (o del concepimento).
La responsività genitoriale, ovvero la buona pratica di rispondere ai segnali del bambino/a in modo positivo e stimolante, è un concetto fondamentale che può fare la differenza nel percorso di crescita del bambino/a e che la professione ostetrica deve attenzionare affinché tutti i bambini/e e le loro famiglie possano avere le stesse opportunità di crescita e sviluppo.”
Le evidenze scientifiche documentano che i primi mille giorni di vita sono un periodo “critico”, inteso nella doppia valenza di “finestra” di vulnerabilità, ma anche di opportunità per lo sviluppo (Building Global Capacity for the Implementation of the WHO/UNICEF Intervention Care for Child Development. REPORT on the Interagency Workshop. Ankara, 2013).
Genitorialità responsiva: una priorità per tutti
“L’obiettivo è che tutti i genitori, indipendentemente dal loro background socioeconomico e culturale, possano sviluppare una genitorialità responsiva – spiega la Dott.ssa Panizza -. La genitorialità responsiva aiuta non solo a sostenere lo sviluppo del bambino/a ma anche a favorire un legame forte e positivo tra genitori e figli. Nei percorsi di Early Child Development (ECD), vengono proposte azioni che stimolano la crescita e creano benefici duraturi, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti.
Tutti i genitori devono essere informati che esistono dei percorsi e delle azioni che come, ad esempio ‘Nati per leggere, Nati per la Musica, stimolano il bambino/a già dalla gravidanza dal punto di vista intellettivo e percettivo”.
Oggi sappiamo che il periodo che va dalla gravidanza ai 3 anni di vita è il più critico e sensibile nella vita di un individuo. Il cervello in questo breve momento della vita cresce più velocemente che in ogni altro periodo. L’80% del cervello di un bambino si forma infatti in questa frazione di vita e perché il cervello si sviluppi in modo sano i bambini hanno bisogno di un ambiente sicuro, protettivo e amorevole, di alimentazione e stimoli adeguati da parte dei genitori o dei caregiver che stanno con loro. Questa è una finestra di opportunità utile per le basi della salute e del benessere, i cui effetti dureranno per tutta la vita e si rifletteranno anche nella generazione successiva.
Le cure che nutrono, “Nurturing Care”, sono azioni che vanno a stimolare questo periodo e che tutti i professionisti della salute coinvolti nell’assistenza al percorso nascita o al percorso crescita devono conoscere, saper presentare ed attivare al meglio nei genitori e nelle famiglie.

In questo contesto l’allattamento è un pilastro della salute mentale e fisica della crescita dei bambini
Il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano l’allattamento materno esclusivo fino ai sei mesi di vita del bambino e la continuazione anche fino ai due anni ed oltre se la mamma ed il bambino/a lo desiderano dopo che siano stati introdotti gli alimenti complementari.
La genitorialità responsiva, dunque, si traduce anche nell’alimentazione responsiva, che è particolarmente importante non solo per i bambini a termine e sani alla nascita ma anche e soprattutto per i bambini di basso peso o malati e che provengono dai reparti ad alta intensità di cure.
“L’allattamento al seno ha un impatto significativo sullo sviluppo e la salute dei bambini, come anche sulla salute materna lungo tutto l’arco della vita – afferma la Dott.ssa Panizza-. Purtroppo i dati dimostrano che in Italia i tassi di allattamento sono ancora troppo bassi. Dall’indagine del 2022 emerge che solo il 46,7% dei bambini a 2-3 mesi viene allattato in modo esclusivo, con una elevata variabilità regionale caratterizzata da quote più basse nel Sud rispetto al Centro-Nord e comprese tra il 29,6% in Sicilia e il 62,5% nella P. A. di Trento mentre il 55% della restante popolazione di donne riferiva di non allattare per dichiarata scarsità di produzione di latte”.
Il 30 % delle/dei bambine/i è allattato in modo esclusivo a 4-5 mesi di vita. Il 13% dei bambini 0-2 anni non è mai stato allattato (Indagine Sorveglianza 0-2)
“Questo è dovuto a vari aspetti, innanzitutto che nella nostra società la cultura dell’allattamento è poco diffusa. Non in tutti i Punti nascita le raccomandazioni per la protezione, la promozione e il sostegno allattamento sono applicate. Spesso, inoltre, le donne sono sole e non hanno il dovuto supporto. C’è una scarsa comunicazione sugli effetti che l’allattamento ha sulla salute a breve e lungo termine e manca il collegamento territoriale tra le donne che allattano e le professioniste dedicate: i servizi dedicati all’allattamento spesso sono carenti”.
“Le evidenze scientifiche ci dicono che solo una piccola percentuale di donne, circa il 5%, ha condizioni reali che impediscono l’allattamento. La maggior parte delle difficoltà deriva da fattori socioculturali, come la scarsa informazione e il supporto insufficiente, inteso come offerta di servizi qualificati e con personale formato per trattare le problematiche in allattamento “.
Le difficoltà delle neo mamme
La Dott.ssa Panizza rimarca anche la difficoltà di molte donne nel prepararsi all’allattamento, soprattutto quando dimesse troppo velocemente dalla struttura ospedaliera, senza un’adeguata presa in carico da parte del territorio. “Una donna che partorisce lunedì e torna a casa mercoledì difficilmente sarà pronta ad affrontare il percorso dell’allattamento senza un adeguato sostegno, considerando che molte mamme lavorano fino all’ultimo mese di gravidanza e nonostante le informazioni date agli Incontri di Accompagnamento alla nascita non ritengono l’allattamento fondamentale ma da ‘prendere in considerazione’ solo alla nascita”.
“Ma perché non si dovrebbe allattare, avendone la possibilità? Stiamo perdendo la nostra funzione biologica di mammiferi. A chi verrebbe mai in mente di far smettere di allattare ai cuccioli di una leonessa? Perché, allora, dovremmo farlo con una mamma umana, perché ‘il bambino si dice che si vizia’?
Sicuramente esiste la difficoltà di integrare i ritmi e le richieste dei bambini con la necessità delle madri di ritrovare uno spazio ed un tempo per sé. L’assenza di informazione rispetto ai bisogni dei bambini/e e le ricadute che la capacità di rispondervi o meno hanno sulla loro salute sono un problema, vi sono molti pregiudizi e condizionamenti sociali in tal senso.
Il Ministero della Salute raccomanda l’implementazione del Rooming-in (il bambino/a in stanza con la mamma 24 ore su 24) in tutti i Punti Nascita per aiutare la mamma a conoscere precocemente e al meglio i segnali di richiesta del proprio bambino/a e con il supporto del personale essere accompagnata al meglio nella conoscenza delle risposte e dei tempi dell’allattamento ed evitarne l’interruzione all’arrivo a casa”.
La solitudine delle mamme nel post-parto
Uno degli aspetti più critici riguarda la solitudine che molte mamme sperimentano subito dopo il parto. “Il ritorno a casa dopo la nascita è un periodo estremamente complesso, di fragilità e di instabilità emotiva, durante il quale molte donne si trovano senza il supporto delle famiglie di origine o senza servizi assistenziali adeguati che le aiutino a comprendere e rispondere ai bisogni del bambino, a superare le difficoltà dei primi giorni dopo il rientro a casa, a sostenere la regolazione mamma-bambino e la riorganizzazione familiare.
Nonostante i servizi disponibili, come i Consultori Familiari e la Pediatria di Libera Scelta, spesso questi restano poco conosciuti o inadeguati”. La Dott.ssa Panizza sottolinea la necessità di una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, con particolare riferimento alle visite domiciliari in puerperio. “Molte regioni non offrono adeguati percorsi di supporto, come le home visit, e le differenze tra i vari territori sono enormi”.
Le donne lavoratrici, inoltre, pensano di dover dedicare tempo al bambino solo dopo aver partorito, ma non è così. “Esistono interventi che possono essere già fatti in gravidanza per favorire la produzione del latte, semplificando il percorso dopo la nascita, ma molte donne non lo sanno. Questo perché, spesso, si ritrovano da sole, senza possibilità di avere una consulenza dedicata offerta da professionisti che sono specificatamente formati in tema di allattamento. In tal senso le ostetriche sono delle professioniste che possono fare la differenza per la loro specifica formazione e competenza”.
Le difficoltà degli ospedali nel supporto alle madri
“Purtroppo, il personale preparato in questo ambito è diminuito nel corso degli anni” afferma la Dott.ssa Panizza. Il Tavolo Tecnico Operativo Interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al Seno istituito dal Ministero della Salute evidenzia la necessità di un aggiornamento continuo di tutti gli operatori del materno infantile.
Le ostetriche sono in percentuale le più formate perché affrontano questi temi con una formazione dedicata già nel corso di laurea (o nella formazione di base), essendo le professioniste il cui ambito di competenza è rivolto tra gli altri specificatamente all’area ostetrica e neonatale, ma la formazione deve essere sempre in continuo aggiornamento.
“Molti ospedali non attuano Politiche Aziendali a supporto dell’allattamento come è per gli ospedali ‘Amici del bambino/e’ secondo la dicitura dell’iniziativa internazionale ‘Ospedale Amico delle bambine e dei bambini’ OMS UNICEF. Questo riconoscimento potrebbe fare la differenza per la promozione, protezione e sostegno all’allattamento, ma dobbiamo ricordare che tale iniziativa implica un impegno economico importante che molti Punti Nascita non possono affrontare “.
Un fattore culturale
La Dott.ssa Panizza inoltre aggiunge che, nonostante alcune normative e regolamenti, come il Codice Internazionale della Commercializzazione del Latte Materno, esista una forte pressione commerciale e sociale che ostacola l’allattamento: “la pubblicità ingannevole e il marketing aggressivo sono una delle principali cause della disinformazione e della difficoltà per le mamme di sostenere l’allattamento.
Ad esempio, una bambina che gioca con una bambola non penserà mai di allattarla al seno, perché le viene fornito un biberon e perché nel suo immaginario si strutturerà l’idea che l’allattamento si fa così. Per cui alimentazione con latti formulati e con il biberon risulterà per quella bambina la norma, divenendo la pratica socialmente più riconosciuta. Questo è solo un esempio ma ce ne sono molti altri che condizionano la cultura dell’allattamento negativamente omettendo il valore che ha per la salute degli individui”.