Chi si dedica alla cura dei figli e dei familiari non autosufficienti è penalizzato dal sistema previdenziale italiano. Un impegno che grava soprattutto sulle donne, incidendo sulla carriera e sulle pensioni. La Senatrice Annamaria Furlan propone un disegno di legge per trasformare questo lavoro invisibile in un diritto riconosciuto.
A proposito del disegno di legge: “Disposizioni per la concessione di contributi figurativi per le madri e i caregiver familiari”, quanta parte della crescita dei bambini e dell’assistenza alle persone non autosufficienti ricade sulle spalle delle famiglie e, in particolare, delle donne?
“Il sistema previdenziale in Italia penalizza i soggetti impegnati nel lavoro di cura. In modo particolare le madri, non tenendo in debito conto i sacrifici legati alla nascita o all’adozione di un figlio, il lavoro di cura necessario e la ricaduta in termini lavorativi e di crescita professionale. Ma lo stesso vale anche per chi è chiamato ad occuparsi dell’assistenza ad un familiare, coloro che abbiamo imparato a conoscere con il nome di caregiver familiari.
Uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) del 2017 ha confermato che ogni donna, in Italia, dedica 36 ore settimanali ai lavori domestici, mentre gli uomini non vanno oltre le 14. Sono 22 ore di differenza e si tratta del divario maggiore tra tutti i Paesi industrializzati. Il carico aumenta notevolmente se in famiglia sono presenti membri fragili o bisognosi di cura. Il ddl che ho presentato prova a colmare questa diseguaglianza dal punto di vista del riconoscimento dei contributi previdenziali”.
Questo influisce su due temi di grande attualità: la denatalità e la carriera delle donne. Come?
“Il lavoro di cura femminile è il fattore principale legato al calo della natalità e soprattutto della profonda disparità che ancora oggi rimane tra uomini e donne sia dal punto di vista salariale che della carriera lavorativa. Servono interventi strutturali per invertire il gravissimo calo demografico, ma non possiamo rimanere fermi e denunciare solo il problema. Per questo motivo ci è sembrato giusto e doveroso riproporre alcune agevolazioni contributive per la maternità e la crescita dei figli, perché se non si cambia la legislazione in materia pensionistica, questa sperequazione di genere e questa mancanza di attenzione dello Stato spingerà sempre più le donne a non aprirsi alla nascita di figli, con ripercussioni gravissime sul piano demografico”.
Che misure propone il disegno di legge a sua firma per compensare questo squilibrio?
“Il mio disegno di legge vuole offrire un contributo, ancorché mirato, limitato e specifico, al raggiungimento di questi obiettivi dando un peso maggiore alla maternità, riconoscendo un periodo di contribuzione figurativa aggiuntiva alle mamme, per ogni figlio, ai fini pensionistici. Un modo concreto per aiutare le donne, penalizzate da carriere più frammentate e spesso anche da retribuzioni più basse.
Allo stesso modo il disegno di legge opera nei confronti del lavoro di cura familiare, che nella maggior parte dei casi rappresenta un onere che ricade sulla popolazione femminile. Essere caregiver, per quanto possa essere impegnativo, non è un lavoro retribuito: pur trattandosi di una figura essenziale nella vita di tante persone bisognose di assistenza, il caregiver non è pagato per tali mansioni. La legge riconosce alcune agevolazioni, ma non viene riconosciuto adeguatamente l’effetto del lavoro di cura sulla carriera lavorativa. Per questo proponiamo un primo passo significativo nel riconoscimento del ruolo sociale di cura e assistenza del caregiver familiare riconoscendo un anno di contributi in più ogni cinque anni di assistenza, fino a un massimo di quattro anni”.