Procreazione Medicalmente Assistita e legge 40/2004: una normativa ancora sotto esame

L’avvocato Marco Crispo analizza i nodi irrisolti della PMA in Italia e il profilo del rischio clinico che la caratterizza.
Procreazione Medicalmente assistita

«La Procreazione Medicalmente Assistita tocca uno dei temi più reconditi dell’animo umano». Esordisce così l’Avvocato Marco Crispo, autore del libro Il rischio clinico nella procreazione medicalmente assistita (PMA). Un argomento che definisce “affascinante e complesso”, dalle implicazioni psicologiche, sociali e, soprattutto, giuridiche profonde. «Parliamo di una materia che prova a rispondere a uno dei desideri più antichi e intimi dell’essere umano: la maternità, il procreare, il perpetuare la specie» spiega Crispo. 

Il ricorso alla PMA è sempre più frequente. Questo rende di grande attualità non solo i vuoti normativi e le carenze informative, ma anche e soprattutto l’attenzione ai temi del rischio e della responsabilità medica. 

La Legge 40 del 2004: una legge restrittiva perfezionata dalla giurisprudenza 

«La PMA è un ambito che si è evoluto rapidamente negli ultimi decenni in Europa e nel mondo. Il nostro ordinamento però ha iniziato a occuparsene tardi e con molta cautela» osserva Crispo. Il riferimento è alla Legge 40 del 2004, il primo tentativo di regolamentare la materia, che fin da subito si è trovato al centro di contestazioni e ricorsi. 

«La legge nasce a fronte di un’esigenza indifferibile di regolamentazione, ma si caratterizza per un impianto iniziale fortemente restrittivo». Spiccava in tale senso, tra gli altri, l’obbligo di impianto immediato di tutti gli embrioni e il divieto di crioconservazione, poi modificati dalla Corte costituzionale. «Molte delle previsioni originarie si sono rivelate impraticabili, e infatti sono state progressivamente smantellate attraverso interventi giudiziari». 

Adattamento sociale e biologia 

«Negli ultimi decenni, per motivi culturali, economici e professionali, è cambiata l’età in cui le donne si avvicinano alla maternità. Ma la biologia non si adatta automaticamente ai mutamenti sociali”. Sempre più persone sono ricorse alla PMA, ma la legge spesso non è stata in grado di rispondere adeguatamente a questa nuova domanda. 

Come spesso accade delle carenze normative è stata costretta a farsi carico la magistratura, sia ordinaria che costituzionale, cui gli interessati si sono visti costretti a rivolgersi per ottenere il rispetto di diritti altrimenti ingiustamente negati. 

Il caso del consenso all’impianto embrionale 

Un caso recente ha riacceso il dibattito: è possibile per la donna procedere con l’impianto di un embrione crioconservato, nonostante il marito, con il quale nel frattempo sia intervenuta la separazione, abbia revocato il proprio consenso.  

La Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibili e non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate sul punto dal Tribunale di Roma, ha ribadito come una volta prestato il consenso alla fecondazione e alla crioconservazione, l’uomo non può più opporsi all’impianto. «Una decisione che, ancora a distanza di un anno dalla sua emissione, risulta poco compresa e conosciuta nelle motivazioni che ne sono alla base, generando ancora incertezza nei suoi aspetti applicativi tra gli operatori dei centri di PMA» spiega Crispo.  

«Il consenso informato, ricorda la Consulta, in questo ambito non può essere gestito come in altri contesti, perché coinvolge la salute psicofisica della donna sulla quale unicamente si concentrano gli invasivi trattamenti medici e farmacologici richiesti dalle procedure di PMA». 

Aumento della domanda e del rischio clinico 

Crispo sottolinea come, a fronte di una maggiore diffusione della PMA – anche grazie al suo ingresso nei LEA 2025 (Livelli Essenziali Assistenza) che ha ampliato la platea dei soggetti in grado di accedervi mediante il pagamento del solo ticket regionale – è possibile, anche se ovviamente non auspicabile, un rilevante aumento di possibili contenziosi

«Quello del rischio clinico nell’ambito della Medicina Procreativa è un campo ancora da esplorare ed approfondire. La responsabilità dei singoli membri dell’équipe medica non è sempre chiara, e spesso manca una specifica formazione anche giuridica nelle strutture sanitarie». 

Necessità di un intervento organico 

L’aspetto su cui insiste l’Avvocato Crispo è la necessità di una condivisione tra i centri di PMA sempre più rapido e capillare tanto delle esperienze che, soprattutto, degli eventi avversi. «La raccolta dei dati cui è attualmente deputato il Registro istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità necessità di essere implementata. È necessario che le informazioni lavorate dal Registro siano omogenee, comparabili ma soprattutto fruibili in tempo reale. Dato quest’ultimo davvero in grado di fare la differenza nella gestione del rischio clinico. Ma anche il consenso informato andrebbe ripensato ed ampliato, per renderlo realmente comprensibile a chi si avvicina a questo percorso». 

Il libro “Il rischio clinico nella procreazione medicalmente assistita (PMA)” è disponibile qui: https://www.heraldeditore.it/autori/marco-crispo/

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