Si è tenuto a Roma presso Palazzo Rospigliosi la presentazione del Rapporto sulle Professioni Infermieristiche. Il documento, redatto dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) e curato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, mira a comprendere lo stato dell’arte della professione infermieristica in Italia ed è il primo del suo genere. In un paese che invecchia sempre di più ed è affetto da un inverno demografico la figura dell’infermiere assume un ruolo sociale ancora più importante in un contesto di sempre maggiore difficoltà. Per questo motivo il rapporto pone alla politica la questione infermieristica.
La questione infermieristica
Per riassumere la situazione in cui versa il sistema infermieristico nazionale Barbara Mangiacavalli, presidente della FNOPI, ha coniato il termine «questione infermieristica». La presidente denuncia che «la professione paga una carenza numerica da decenni, ma con i provvedimenti tampone il problema non è mai stato risolto e ciclicamente riaffiora. A nostro dire la soluzione sarebbe un coordinamento interministeriale, una cabina di regia dalle competenze trasversali». L’Italia ha un rapporto di 6,5 infermieri ogni 1000 abitanti, contro i 14 della Finlandia e i 12 della Germania.
La presidente afferma che la professione viene scelta ogni anno da 23.000 giovani, anche a causa dell’aumento della sua utilità sociale percepita, la quale è cresciuta a seguito della pandemia. Tuttavia, preoccupa che un alunno su quattro non conclude il percorso di studi o finisce per lavorare all’estero. Lo Stato investe €30.000 per la formazione di un infermiere ma non sempre riesce a capitalizzare questo investimento a causa delle migliori condizioni che i nostri laureati trovano in altri Paesi.
Le risposte della politica
Il Ministro della salute Orazio Schillaci ha inviato un messaggio di saluto nel quale ha dimostrato vicinanza alle istanze sollevate dal report sulle professioni infermieristiche. In particolar modo concorda sulla necessità di un approccio multidisciplinare e settoriale per far fronte a una domanda di salute che è cambiata. Così deve fare anche il servizio sanitario nazionale se vuole offrire una risposta adeguata ai bisogni dei cittadini».
Il forzista Ugo Cappellacci, Presidente della 12ª Commissione Affari sociali della Camera, ha ribadito l’impegno della politica per un confronto continuo e costruttivo con la categoria. Inoltre, ha sottolineato come gli infermieri «meritano maggiore gratificazione, anche economica». Infatti, una delle problematiche principali sollevate è stata quella degli stipendi. I dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) attestano che gli stipendi degli infermieri italiani sono del 20% più bassi rispetto la media nell’Unione Europea.
Lo studio sulle professioni infermieristiche certifica che anche all’interno del nostro paese ci sono delle marcate differenze, che non si limitano solamente a quella di reddito. Anche la riforma ministeriale vecchia di quasi due anni non è recepita da tutte le regioni allo stesso modo, il che contribuisce ad acuire le differenze territoriali. Lo stesso rapporto suggerisce come gli stessi infermieri potrebbero far cambiare questa percezione nel confronto con i cittadini supportati da adeguate campagne di comunicazione.
Il rapporto testimonia che c’è una richiesta per l’introduzione della figura dell’infermiere scolastico. Il Sottosegretario alla salute Marcello Gemmato apprezza la proposta che riguarda una figura che definisce come «agente di prevenzione».
Le opinioni degli esperti
Milena Vainieri, responsabile del laboratorio MeS della Scuola superiore Sant’Anna, ha sottolineato l’elevato grado di soddisfazione da parte dei pazienti. L’84% dei rispondenti ritiene positivo il servizio infermieristico, ma, come afferma il dottorando della Scuola Superiore di Sant’Anna Lorenzo Taddeucci, allo stesso tempo richiedono maggiore riconoscimento per la figura dell’infermiere.
Sabina Nuti, ex rettrice della Scuola Superiore di Sant’Anna, ha posto i riflettori sulla qualità dei nostri operatori. Questa è dimostrata da una ratio di citazione nella letteratura scientifica, da sempre indice sul valore della produzione letteraria scientifica, maggiore rispetto la media. «Senza ricerca non c’è formazione» ha dichiarato, ma questo capitale non deve essere lasciato abbandonato dalla politica. Il presidente di Salutequità Tonino Aceti ha posto l’attenzione sul tema dell’equità, sottolineando come sono ancora presenti dei soffitti di cristallo. Infatti, nonostante la professione sia a trazione femminile (più del 75%), la maggior parte dei ruoli apicali è ricoperta da uomini.
«Sempre più persone vivranno con patologie croniche già diagnosticate, per le quali la sfida non sarà solo clinica ma soprattutto assistenziale» commenta Mangiacavalli. Le soluzioni sono «prevenzione secondaria e terziaria, gestione quotidiana delle terapie, educazione alla salute, monitoraggio, attivazione delle reti comunitarie e sviluppo dell’indipendenza». La questione infermieristica «non si risolve solo con incentivi economici. Serve rendere attrattiva la professione, offrendo reali possibilità di carriera clinica, percorsi di crescita e riconoscimento professionale».