Le malattie rare rappresentano una sfida particolare per l’assistenza sanitaria. La loro diversità e numerosità rendono complesso il percorso diagnostico, fondamentale per permettere un accesso tempestivo a trattamenti capaci di rispondere alle specifiche necessità di ogni paziente e di ogni patologia. Ma a che punto siamo oggi? Quali progressi sono stati raggiunti negli ultimi anni?
Così Tiziana Nicoletti, Responsabile Coordinamento Associazioni Malati cronici e rari di Cittadinanzattiva APS:
“Le principali criticità riguardo alle patologie rare riguardano la diagnosi, poiché non è facile individuarne i sintomi, e spesso passano anni prima che sia possibile una diagnosi certa. Fino a quel momento, la persona non può essere inserita in un percorso di cura e accedere alle prestazioni necessarie. Inoltre, molte patologie rare non sono riconosciute, quindi non hanno un codice di esenzione, costringendo le persone a pagare di tasca propria per le cure“.
Nel 2021 è stato pubblicato il testo unico sulle malattie rare che, pur rappresentando un importante progresso, manca ancora dei decreti attuativi necessari per dare concretezza alla struttura normativa già delineata. “Il testo unico è rimasto per ora solo su carta, l’unica cosa che è stata fatta è la costituzione del Comitato per le malattie rare”, continua Tiziana Nicoletti.
Il mancato aggiornamento dei LEA
Un ulteriore problema riguardante le malattie rare è la mancanza di aggiornamento dei LEA. Senza questo aggiornamento, alcune malattie che potrebbero rientrare nei LEA non vengono riconosciute, impedendo così l’accesso alle cure necessarie.
“Le patologie croniche o rare riconosciute rientrano nei LEA, e il cittadino, pagando il ticket, può accedere alle prestazioni necessarie. Nel nostro Paese, però, l’aggiornamento dei LEA è fermo al 2017, lasciando in sospeso l’inclusione di nuove patologie croniche e rare in attesa di questo aggiornamento”, dice Tiziana Nicoletti.
Le regioni che rispettano i LEA permettono ai cittadini di accedere a cure complete, mentre quelle in difficoltà finanziaria o che non aderiscono pienamente ai LEA non possono erogare prestazioni aggiuntive, limitandosi a quanto previsto.
Un esempio significativo è quello della SMA, ora inclusa negli screening neonatali estesi. Tuttavia, non essendo ancora parte dei LEA, lo screening non è disponibile ovunque: solo 15 regioni lo offrono, il che significa che l’accesso a questi screening dipende dalla regione di nascita del bambino. Oggi, grazie ai trattamenti disponibili, un bambino con SMA non solo sopravvive, ma può godere di una qualità di vita simile a quella di un coetaneo sano. Tuttavia, l’accesso variabile crea disuguaglianze a seconda del luogo di nascita.