Ddl Prestazioni Sanitarie: “La clausola dell’esclusività non va a discapito altre professioni”

Il commento di Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma, sul nuovo Ddl e, in particolare, sull’articolo 1 comma 1, che conferisce al medico l’esclusività sulla diagnosi e sulla scelta delle terapie da seguire.
ddl prestazioni sanitarie
Antonio Magi

L’articolo 1 (Disposizioni in materia di prescrizione ed erogazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale) comma 1 del Ddl “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria” impone al medico, cui competono in maniera esclusiva la diagnosi, la prognosi e la terapia, nei casi in cui prescrive prestazioni di specialistica ambulatoriale, di attribuire, nel caso di prima visita o esame diagnostico, l’appropriata classe di priorità e, nel caso di primo accesso o di accessi successivi, indicare il quesito o il sospetto diagnostico.

Una definizione che alcuni commentatori hanno interpretato come un ridimensionamento nell’autonomia di professionisti sanitari come infermieri e psicologi.

Non è così per Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, che dice: “un passo avanti”

“È sicuramente un passo avanti. Si stabilisce in modo chiaro che la diagnosi, la prognosi e la terapia sono competenze esclusive del medico. Quello che è altrettanto importante, però, è che questo decreto amplia le competenze delle altre professioni sanitarie.

Abbiamo già visto, anche con l’Ordine dei Medici di Roma, che collaborare tra professioni è possibile e necessario, per questo abbiamo elaborato un documento condiviso che i tre ordini di Roma, Medici, Infermieri e Farmacisti hanno approvato nel corso di un consiglio direttivo congiunto svoltosi ieri pomeriggio presso la sede dell’Omceo Roma.

Il decreto pone l’accento sulla necessità di un sistema sanitario che non solo garantisca l’accesso alle prestazioni, ma che valorizzi anche la collaborazione tra le professioni. La diagnosi e la terapia restano compito esclusivo del medico, ma l’integrazione delle competenze e il lavoro di squadra sono cruciali per offrire un’assistenza efficace e tempestiva. Come sottolineiamo nel documento congiunto, il rafforzamento delle competenze professionali e la formazione interprofessionale sono fondamentali per costruire un SSN che sia davvero sostenibile e equo”.

A proposito della responsabilità professionale, che riflessioni fa sull’attribuzione delle colpe sempre al medico?

“La responsabilità professionale del medico è sempre stata un tema centrale – continua il Dott. Magi – e in questo decreto non vedo nulla di ingiusto nel fatto che continui ad essere attribuita principalmente a lui. La diagnosi, la prognosi e la terapia sono prerogative del medico, quindi è naturale che la responsabilità ricada su di lui quando qualcosa va storto.

Tuttavia, è fondamentale che il sistema sanitario nel suo complesso riconosca le specifiche competenze di ciascun professionista. Questo decreto, proprio nel definire meglio i compiti e le responsabilità, può essere un passo verso una maggiore chiarezza, ma non dobbiamo dimenticare che la figura del medico resta quella con la responsabilità esclusiva sulla diagnosi, prognosi e la prescrizione terapeutica”.

Lei accenna alla cooperazione tra professioni. Come si integra questa visione nel contesto delle competenze specifiche di ciascuna figura sanitaria?

“Le professioni sanitarie devono essere in grado di collaborare senza sovrapporsi. La diagnosi e la cura sono compiti esclusivi del medico, l’assistenza è affidata agli infermieri, la riabilitazione a fisioterapisti, ciascuno con competenze ben definite. Il rischio di non definire correttamente questi confini, invece, sarebbe una confusione che potrebbe nuocere alla qualità dei trattamenti e alla sicurezza dei pazienti. 

Certo, non è facile, considerando che i percorsi formativi sono diversi, ma le competenze dovrebbero essere chiaramente riconosciute proprio da questi percorsi per evitare di arrivare a una laurea unica in scienze sanitarie, che sarebbe poco praticabile e poco utile”.

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