È arrivato il momento per coloro che a vario titolo credono nella sanità pubblica e nella sua utilità sociale, di decidere cosa fare e cosa sia meglio fare perché la sanità pubblica, a condizioni bloccate, sta morendo e, se le cose non cambiano, è vano sperare che domani andrà meglio.
Per evitare il peggio c’è una possibilità: riformare il sistema eliminando gli sprechi, rendendo attrattiva economicamente la professione di medico ed infermiere abbassando i costi complessivi del sistema per renderli compatibili sia con la spesa pubblica che con i diritti delle persone.
Per farlo sono necessarie idee originali, senza fare come sempre fatto, dal ’78 in poi, copiando altri ed aggiungendo stratificazioni senza mai semplificare processi e procedure.
Com’è la situazione
Fino ad oggi:
- si è ridotto il numero delle aziende sanitarie ma non si sono ripensati i servizi;
- si è bloccato il turn over ma non si sono ripensate né le mansioni né le competenze;
- si riducono i posti letto ma non si è ripensato l’ospedale;
- si limitano le decisioni del medico ma in nessun caso si ripensa il ruolo del medico.
Politicamente la cosa più semplice da fare è sempre stata quella di attuare restrizioni in genere facendo pagare le crisi economiche ai cittadini passando lentamente dal sistema più equo si passa al meno iniquo, invece oggi bisogna fare la cosa più difficile, quella che però serve, ovvero rispondere agli stessi problemi con riforme profonde, che toccano privilegi o prassi consolidate.
Per garantire ai posteri un SSN simile a quello di cui abbiamo usufruito negli ultimi 40 anni è necessario trovare un equilibrio tra finanziamento e spesa pubblica, ma l’uso del termine sostenibilità è molto equivoco con sinonimi molto diversi nel significato, de-finanziamento, e compatibilità.
Declinazioni di sostenibilità
La sostenibilità del SSN, come la intendiamo in queste pagine, è quella universale sancita in Costituzione, che “dà tutto a tutti” e che consente a questi principi di perdurare nel tempo. Alle condizioni attuali è necessario ed urgente creare equilibri nuovi per evitare che il sistema pubblico diventi meno a carico dello Stato e di conseguenza meno accessibile per gli ultimi. La sostenibilità da noi intesa è quella che dichiara guerra all’anti-economicità, alla corruzione, alla burocrazia, agli anacronismi organizzativi.
Bisogna porsi davanti al problema in modo diverso ponendosi la domanda di quali siano “i mezzi necessari a… fare salute”, vale a dire: soldi, servizi organizzati, operatori, cittadini, conoscenze, modi di agire che se adeguatamente pensati possono produrre dai mezzi che ci sono altre risorse quindi altri mezzi.
L’equazione proposta da molti economisti e presa in considerazione da molti politici è “taglio della spesa/riduzione dei servizi” ovvero “o taglio dei servizi o taglio dei LEA”. Noi invece proponiamo di partire dal taglio degli sprechi sulle diseconomie (sovra utilizzo, frodi e abusi, costi eccessivi, sottoutilizzo, ecc.), partendo dalla organizzazione, passando per la burocrazia e finendo con la trasparenza, che è il vero baluardo per la corruzione, perché sarebbe immorale mantenere gli sprechi riducendo i diritti delle persone.
Gli interessi di Stato e Regioni non coincidono
Secondo l’art 117 della Costituzione, la funzione sanitaria pubblica è esercitata da due livelli di governo:
- lo Stato centrale, che definisce i Livelli Essenziali di assistenza (LEA), e l’ammontare complessivo delle risorse finanziarie necessarie al loro finanziamento;
- le Regioni, che hanno il compito di organizzare i rispettivi Servizi Sanitari Regionali (SSR) e garantire l’erogazione delle relative prestazioni, nel rispetto dei LEA.
Riteniamo questa accoppiata istituzionale una delle fonti del problema per due motivi:
- il primo perché lo Stato da i soldi ed ha interesse a darne il meno possibile per finanziare gli altri settori, mentre le Regioni hanno il primario interesse di avere il più possibile per amministrare i sistemi sanitari che gli sono stati delegati;
- il secondo è perché dal 1978 in poi i rapporti e le regole di collaborazione tra Stato centrale e Regioni sono cambiati più volte. Prima il Ministero della Salute delegava funzioni, poi le Regioni governano il sistema, oggi, con la urgenza della compatibilità economica si è tornati sostanzialmente ad un centralismo che mette sotto tutela le Regioni dando il “comando” al Ministero dell’Economia attraverso i “Patti per la Salute”, ovvero quanti soldi mette il governo nel Fsn e quali contropartite le Regioni devono garantire.
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