Questo articolo è la seconda parte di La sanità pubblica sta morendo? L’origine
Tra Patti per la Salute e Piani di rientro per le Regioni meno virtuose a pagare sono i cittadini perché la ristrutturazione della spesa ha destrutturato il sistema delle tutele, perché è semplice da capire: le Regioni sono costrette a tagliare su quello che hanno già tagliato (per esempio ridurre ulteriormente il numero dei posti letto) o a sopprimere i servizi deboli come i consultori i servizi per la sicurezza alimentare, inserendo ticket che costano più delle prestazioni private e creano barriere all’acceso dei servizi, o a bloccare il turn over stressando ancor più il lavoro in sanità ecc..
L’Agenas ha quantificato in 6 mld gli sprechi del sistema sanitario ma il potenziale di spreco ovvero l’area sulla quale intervenire pare che ammonti a 30 mld. Ma in cosa consistono i cosiddetti “sprechi”?
- modelli vecchi di servizi (ospedali, medicina convenzionata ecc.), professioni ingessate in vecchie modalità operative (funzioni e mansioni superate), modalità assistenziali superate. Dieci milioni di persone usano smartwatch o smartring per tenere sotto controllo il proprio stato di forma e quindi la loro salute. Non ripensare adeguatamente la medicina come sistema concettuale alla luce dei cambiamenti culturali della nostra società è causa delle diseconomie.
- le strutture inutili, quelle sottoutilizzate, quelle in sovrannumero.
- le cose che la Corte dei Conti ha definito “mala gestio” e che chiamano in causa per prima cosa le imprese (appalti, acquisti, evasioni fiscali, speculazioni, corruzione).
- l’inadeguatezza dell’offerta con gli effettivi bisogni dei malati: le prescrizioni eccessive, il ricorso ingiustificato alla diagnostica, i comportamenti opportunisti dei medici (medicina difensiva), atti clinici senza evidenza di efficacia, quindi una medicina inutile e superflua.
Bisogna aggiornare i processi
Le spending review utilizzate nel tempo hanno mostrato una certa insufficienza perché non sono riuscite ad intervenire sui modelli di offerta superati, ma certamente su questi “sprechi” si può agire per una revisione della spesa, intendendo la spesa come una espressione dell’offerta. Tuttavia per farlo non è sufficiente una “manutenzione”, ci vuole una revisione profonda dei processi perché molti dei problemi finanziari più importanti nascono da problemi di invarianza dei modelli e dalla regressività che significa semplicemente stare fermi mentre tutto cambia, cioè essere invarianti dentro dei processi di cambiamento. Ne sono un esempio la gestione delle piante organiche, ancora previste come se gli ospedali fossero ancora gestiti per singoli “padiglioni” e non per intensità di cura.
Continuamente escono nuove terapie, nuovi trattamenti, nuove esigenze sociali, nuovi presidi, nuove tecnologie, perfino nuove malattie, alle quali, in assenza di LEA adeguati, alcune Regioni rispondono come possono caricandosi di oneri aggiuntivi senza che il governo dia una adeguata copertura finanziaria. Ecco, anche questa è una diseconomia, serve velocità per poter attingere alle innovazioni, tecnologiche, farmacologiche od organizzative.
E quanto si risparmierebbe se la medicina di base fosse diversa? Se l’ospedale fosse altro? E l’organizzazione del lavoro fosse diversa? Se l’infermiere fosse realmente quello della legge 42? Il medico fosse ripensato? Se l’università riformasse i suoi programmi di insegnamento?
I diversi punti di vista
Ci sono molti attori istituzionali coinvolti nel ripensamento del SSN, ognuno con le proprie rivendicazioni:
- Fnomceo per la “questione medica” che tuttavia non potrà essere risolta senza ripensare la medicina e il medico;
- I sindacati che lottano per l’adeguamento dei salari, ma quel gap del 25% rivendicato non sarà mai possibile ottenerlo senza riformare le prassi professionali, cioè il lavoro;
- Le società scientifiche che si battono in nome dell’appropriatezza per qualificare gli atti medici non avranno successo senza una medicina culturalmente adeguata ai tempi;
- La FNOPI chiede di discutere la “questione infermieristica” che non potrà essere risolta senza riformare le organizzazioni del lavoro nelle quali opera. Ovvero riformando la forma di cooperazione tra medici e infermieri;
- La FIMMG pone la questione della medicina generale che rimarrà disattesa senza una riforma sostanziale della funzione del medico di base;
- Gli specialisti che, oggi pagati ad ore, devono ridefinirsi nel ruolo, nella funzione e nelle proprie possibilità;
- L’Anao che deve aiutare nella riforma dell’ospedale in sè, che da tempo continua ad essere definito con criteri del tutto obsoleti;
- La Cimo che punta sulla centralità della professione, sul riconoscimento giuridico del ruolo, sull’atto medico non riuscirà nel proprio intento senza considerare il cambiamento del medico stesso;
La riforma dall’unione delle forze
L’elenco non è ovviamente esaustivo ma evidenzia come tutti vogliano riformare qualcosa, noi crediamo che l’unica riforma possibile sia quella fatta tutti insieme, magari rinunciando ad un proprio pezzo ma facendo il bene del SSN.
Se avessimo una bacchetta magica per abbassare le malattie con strategie di produzione della salute, per ripensare il lavoro professionale, per reingegnerizzare tutto il sistema dei servizi sul luogo di vita del cittadino, azzerando naturalmente le tante diseconomie, il 7% del Pil sarebbe del tutto ragionevole.
Vuoi contribuire alla discussione?
Cosa ne pensi di questo tema? Quali sono le tue esperienze in materia? Come possono divenire spunto di miglioramento? Scrivi qui ed entra a far parte di Fare Sanità: una comunità libera di esperti ed esperte che mettono assieme le loro idee per portare le cure universali nel futuro.
Il 5-6-7 novembre 2024 questo e molti altri temi importanti per il futuro della sanità saranno al centro di Welfair, la fiera del fare sanità a Fiera di Roma che riunisce gli esperti e le esperte di governance dell’intera filiera sanitaria. www.romawelfair.it/il-programma-2024/