Nonostante la legge del 2018 rappresenti un grande passo avanti nel settore degli screening neonatali, fondamentali affinché i bambini possano essere prontamente aiutati e trattati per determinate patologie, la mancata distribuzione uniforme sul territorio nazionale crea una disparità difficoltosa tra le Regioni.
“Se ci sono regioni che grazie a delle risorse extra Lea sono riuscite a implementare gli screening neonatali già presenti, introducendo l’atrofia muscolare spinale (SMA), le malattie lisosomiali e le immunodeficienze congenite, altre invece non hanno potuto farlo” ha detto Gian Vincenzo Zuccotti. “Lo screening neonatale è una grande risorsa che deve essere messa a disposizione di tutto il paese e di tutti i bambini”.
Questo perché oggi, grazie all’avanzamento della ricerca, esistono terapie in grado di rendere la futura vita dei neonati affetti da patologie migliore, sia per qualità che per quantità.
“Le differenze sul territorio nazionale non riguardano solo le tipologie di screening, ma anche i centri e laboratori: alcune regioni non ne hanno, e sarebbe invece importante fare in modo che siano disponibili per tutti. E, soprattutto, i laboratori devono poter coordinarsi e collaborare tra loro in modo da offrire gli stessi servizi e le stesse possibilità ancora una volta a livello nazionale”.
La storia degli screening neonatali comincia dagli anni ‘90, in grado di individuare patologie come fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica. La legge del 2016 (L. 167/2016) “ha di fatto introdotto lo screening neonatale esteso, perché ha permesso di individuare più di 40 malattie metaboliche rare. La legge del 2018, infine, ha integrato ulteriormente questi screening con malattie come l’atrofia muscolare spinale, le immunodeficienze congenite, le malattie lisosomiali”.
In questi casi la tempestività è fondamentale, come lo è la possibilità di fare prevenzione: è necessario rendere omogenea la distribuzione di screening e di centri adatti.
“Sono screening estremamente importanti, poco costosi, non invasivi e permettono di individuare precocemente tutte quelle condizioni che non si sono ancora evidenziate dal punto di vista clinico. Permettono di intervenire con terapie, con diete, con terapie sostitutive per rendere assolutamente normale la qualità e la durata della vita. Se non si riescono a effettuare, si perdono delle grandissime opportunità per questi bambini, che hanno il diritto di essere trattati nel modo dovuto”.