Liberare le energie: la scelta dell’Università tra rilancio o isolamento

Il momento in cui i tagli ai fondi e un’ondata di ostilità alla cultura e alla conoscenza spingono il sapere in un angolo, è esattamente il momento cui l’Università deve reagire dice il Rettore Liborio Stuppia.
liberare le energie
Liborio Stuppia, Magnifico Rettore dell’Università Chieti-Pescara

Facendo proprio alleato il territorio, rispondendo all’inverno demografico e ribadendo il beneficio del mondo accademico per sanità, industria e crescita dei giovani

Estratto del discorso dell’inaugurazione dell’anno accademico 2024/2025, 60simo della Università degli Studi Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara

[…] “Il nostro mondo universitario ha dovuto affrontare negli scorsi mesi una raffica di criticità (taglio del fondo di finanziamento ordinario (FFO), adeguamento ISTAT degli stipendi senza copertura economica, riforma del pre ruolo) ognuna delle quali da sola avrebbe messo in crisi l’intero sistema. Eppure va precisato con forza che quanto accaduto non è la causa del problema, bensì una delle conseguenze, forse non la peggiore. Perché alla radice del problema c’è un contesto sovranazionale che sta concentrando forze su un tema inaccettabile, quello del disprezzo della accademia. La affermazione pubblica secondo la quale “le università non trasmettono conoscenza e verità, ma inganni e menzogna” da parte di importanti cariche istituzionali in quella che dovrebbe essere la più grande democrazia mondiale, non può passare inosservata.

Di fronte a questi attacchi, la Università non può e non deve rinchiudersi in se stessa, rannicchiarsi per parare i colpi, sminuire il proprio ruolo nella società. Al contrario, è il momento per le Università di liberare le loro energie, di ribadire la loro unicità nel possedere una risorsa inestimabile, quale è la presenza al suo interno di innumerevoli e valide competenze in grado all’occorrenza di fare squadra e fornire risposte con approccio multidisciplinare e soprattutto interdisciplinare alle problematiche dei territori in cui le Università stesse insistono. L’Università è una risorsa del territorio, ma non basta più dircelo come se ripetessimo uno slogan stantio per convincere noi stessi che questo concetto è reale.

Il territorio

Dobbiamo invece convincere il territorio stesso del valore aggiunto, del grande privilegio che la presenza del mondo accademico può rappresentare. Deve essere il territorio a sentire come propria risorsa la università e difenderla dagli attacchi di chi ipotizza un mondo di corsi telematici e intelligenza artificiale che neghino alle nuove generazioni il diritto al dialogo, al dibattito, al confronto e soprattutto alla socialità, alla aggregazione, al libero pensiero che si incontra negli spazi pubblici, non dietro a uno schermo, e genera idee, entusiasmi, passioni. Non si nega qui la utilità della didattica a distanza in specifici contesti, tutt’altro. Si ribadisce però che tali forme di didattica possono essere complementari alla didattica in presenza, non sostitutivi, e soprattutto debbano garantire identici livelli di qualità.

Liberare le energie, dunque, avere il coraggio di mettesi in gioco, di accettare le sfide del nostro tempo, soprattutto avere il coraggio di crescere.

L’inverno demografico

[…] Proprio riguardo alle immatricolazioni, con grande piacere posso comunicare che il numero sia degli immatricolati che in generale degli iscritti alla d’Annunzio è cresciuto, nonostante il calo demografico, nonostante la carenza degli alloggi, nonostante l’imperversare delle telematiche. I giovani ci stanno dando fiducia. Adesso sta a noi dimostrare di meritarla. Abbiamo usato quale slogan della nostra ultima notte dei ricercatori due parole: “We care”. Ci prendiamo cura.

In due parole sono riassunti molti dei nostri progetti. La internazionalizzazione, innanzitutto, nella ferma convinzione da un lato che solo una maggiore attrattività verso i paesi stranieri possa compensare l’imminente inverno demografico, dall’altro perché per crescere davvero dobbiamo andare oltre i confini regionali ma anche oltre quelli nazionali, ed accettare di confrontarci con realtà che ci aiutino ad allargare ulteriormente i nostri orizzonti. Siamo all’interno della alleanza Europea Ingenium con Università di altri 9 paesi europei, con cui ci siamo confrontati a Oviedo proprio la settimana scorsa, e crediamo fermamente che il nostro posto sia in Europa, quella Europa il cui ruolo passato di leadership nel panorama internazionale era in gran parte dovuto proprio al fatto di essere stata la culla delle Università.

We care

Ma nel “We care” c’è soprattutto la nostra volontà di prenderci cura dei nostri studenti, aumentando non il loro livello di conoscenze nozionistiche bensì la loro consapevolezza, la capacità di effettuare scelte, di esercitare il libero arbitrio grazie al possesso degli strumenti culturali e delle professionalità che rendono un individuo davvero libero. Ma “we care” vuol dire anche prendersi cura del territorio, diventare punto di riferimento per il mondo sanitario, imprenditoriale, culturale, artistico, scientifico. Per fare questo, però, dobbiamo imparare a muoverci velocemente, perché quando ci si muove veloci diventa più difficile essere colpiti dagli strali di chi vede ogni progresso come una rinuncia alla propria “confort zone” e confida nella normalizzazione al ribasso quale unico modo per mascherare i propri limiti.

Liberare le energie 

Per muoversi veloci, però, non basta la buona volontà. Quello che noi oggi pertanto chiediamo con forza a chi ci governa è: aiutateci a liberare le nostre energie. Permetteci di utilizzare in modo più moderno, più agile e meno soggetto ad anacronistiche ed esasperanti paludi burocratiche le risorse che gli atenei virtuosi sono capaci di procurarsi della loro attività di ricerca e terza missione.

Liberate queste risorse dai vincoli sulla spesa corrente, permettete di incentivare le iniziative, le idee, le intuizioni, le visioni degli atenei più lungimiranti, che non vogliono, non accettano, non sopportano di dover prima o poi limitare la loro attività a quella di una scuola terziaria dedita solo alla didattica.

Sarebbe un errore imperdonabile quello di sanare la crisi derivata dal taglio del fondo di funzionamento ordinario semplicemente permettendo agli atenei di aumentare senza vincoli la spesa del personale, in quanto verrebbe così inflitto un colpo mortale alla loro possibilità di investire in ricerca e sviluppo tecnologico, e come ha recentemente affermato con forza il premio Nobel Giorgio Parisi: “Circola l’idea sbagliata che l’Italia può andare avanti senza ricerca; non è così: una società industriale non vive senza ricerca”. Senza la ricerca saremmo ancora impegnati a tentare di generare scintille di fuoco sbattendo tra loro due pietre, come faceva l’uomo di Neanderthal. Ma noi siamo Sapiens Sapiens, la nostra evoluzione è stata legata alla capacità di aumentare il sapere, trasmettere il sapere e applicare il sapere. Proprio le grandi missioni della Università”.

Qui il discorso completo 

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