“Il ruolo del Direttore Sociosanitario (DSS) in Lombardia è quella di contribuire ad assicurare alla popolazione nella propria comunità di appartenenza salute e benessere sociale attraverso il raccordo le Direzioni strategie delle ASST, in particolare con i DSS delle ASST e i Direttori di distretto, con gli Ambiti territoriali sociali e con le diverse Unità di offerta territoriali. È un ruolo – ricorda il Direttore Sociosanitario dell’ATS Bergamo, Barbara Caimi– che è cresciuto nella trasformazione della sanità lombarda da “ospedalo-centrica” a “casa come primo luogo di cura”.
L’evoluzione della Sanità lombarda
Le ultime riforme del 2015 e, successivamente, del 2021 hanno definitivamente trasformato in ATS – Agenzie di Tutela della Salute – le ex ASL con compiti prevalenti di programmazione affidando le attività erogative alle ASST – Aziende SocioSanitarie Territoriali -, ovvero le ex Aziende Ospedaliere cui è stato assegnato anche il compito di gestire le attività territoriali.
In questo orientamento e mutamento organizzativo nasce e si sviluppa la figura del DSS che, fino al 2015, esisteva con la denominazione di Direttore Sociale nelle 15 ASL regionali e, ora, è presente sia nelle 8 ATS che nelle 27 ASST in cui è suddiviso il territorio lombardo.
Perché nasce il DSS
“L’esigenza della denominazione nasce e si sviluppa da una parte dalla trasformazione dei bisogni epidemiologici della popolazione lombarda e della modalità di cura stessa con l’imporsi del fenomeno della cronicità, dei servizi post Covid, delle UdO sociosanitarie e della rinnovata esigenza di prossimità degli interventi prevista anche nei LEA, dall’altra dall’implementazione delle organizzazioni dei servizi socioassistenziali da parte dei Comuni associati negli Ambiti Territoriali e la nascita di enti gestori aziendalistici di questi servizi, prettamente di impronta sociale, in coerenza con la definizione dei Leps – i Livelli essenziali di prestazione sociale -, che vedono, in molti casi, figure apicali di Direttori Sociali”.
“Quindi i Direttori Sociosanitari in Lombardia, si definiscono tali, a mio parere, per caratterizzare in modo distintivo un’attività specifica e qualificante nel sistema dei servizi di welfare”.
Le funzioni del Direttore Sociosanitario in Lombardia
“Nelle ATS, che sono orientate alla programmazione, la DSS assume un ruolo di governance, evolvendo da quello delle ex ASL. Questo ruolo si concretizza attraverso il Dipartimento della Programmazione per l’integrazione delle Prestazioni Sociosanitarie con quelle Sociali, e si articola in due funzioni principali”.
Regia del Sistema

“La DSS agisce come regolatore del sistema, contribuendo attivamente alla costruzione di unwelfare community. Questo avviene tramite la programmazione, progettazione e realizzazione della rete dei servizi sociosanitari, anche attraverso lo strumento dell’accreditamento e la partecipazione alla programmazione dei Piani di Sviluppo Locale delle ASST e ai Piani di Zona degli Ambiti Territoriali Sociali, definendo obiettivi strategici di integrazione e promuovendo sinergie operativecon tutte le Unità Operative (UdO), del Terzo Settore e del volontariato per assicurare la continuità delle cure sanitarie, sociosanitarie e sociali al cittadino”.
Antenna sui bisogni e sulle aspettative delle Comunità
“La DSS è sensibile ai bisogni della comunità, specialmente in un periodo di transizione epidemiologica e Si impegna a gestire questa transizione attraverso meccanismi partecipativi che favoriscano uno sviluppo “sostenibile” rispetto alle domande di salute.
L’obiettivo finale, quindi, è garantire al cittadino una filiera unitaria di cura, pari opportunità di accesso ed equità nella fruizione dei servizi residenziali, diurni e domiciliari. (Si veda quadro normativo in calce, ndr)”.
Gli strumenti della Direzione Sociosanitaria
“L’obiettivo fondamentale – riprende Caimi – è la creazione di un nuovo tipo di Welfare: un Welfare di iniziativa e di comunità”.
Gli strumenti sono la creazione di reti di assistenza sociosanitaria attraverso la programmazione e l’integrazione degli interventi e dei diversi attori pubblici e privati convenzionati e del Terzo settore in un piano coerente che garantisca i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS). “Molto importante è andare sul campo: incontrarsi regolarmente e in presenza nelle Case di Comunità, RSA e distretti per conoscere le persone e costruire assieme veri, concreti miglioramenti su temi come le dimissioni protette, la presa in carico del paziente in Pronto Soccorso, il passaggio territorio ospedale (transitional care)”.
“I pazienti anziani, fragili e cronici rappresentano il target principale degli interventi sanitari. Per questo genere di pazienti – spiega Barbara Caimi – unificare le dimensioni sociale e sanitaria è una misura di sostenibilità finanziaria, oltre che di qualità e appropriatezza dell’assistenza. Costruire il percorso giusto per il singolo, valutando la sua situazione personale – solitudine, mobilità, condizione economica – e quella dei suoi caregiver, è un modo per prevenire le emergenze e i ricoveri impropri nel pronto soccorso, migliorando l’aderenza alla terapia e portando cure ed interventi vicino al domicilio.
L’impatto dell’integrazione sociosanitaria: il caso dei caregiver
Sotto diversi punti di vista unire la dimensione sociale e sanitaria contribuisce alla sostenibilità del servizio sanitario, oltre che migliorare la qualità della vita delle persone assistite. Ma il paziente non è l’unica figura al centro della programmazione”.
“ATS Bergamo sta intensificando le proprie azioni territoriali volte a sensibilizzare la popolazione sul ruolo fondamentale del caregiver. I recenti dati ISTAT rivelano che nella provincia di Bergamo il 16,4% dei cittadini, pari a oltre 116.000 persone, è attivamente impegnato nella cura di un familiare. Tuttavia, un dato allarmante emerge: solo l’8% di questi individui si riconosce nel termine “caregiver”.
“Questa discrepanza tra l’effettiva attività di cura e la sua consapevolezza rappresenta un significativo gap culturale e informativo che si intende colmare con determinazione,” sottolinea la Dott.ssa Caimi. “Attraverso un approccio territoriale sinergico, abbiamo implementato percorsi di sollievo personalizzati e promosso incontri informativi e formativi mirati a fornire supporto concreto e accrescere la consapevolezza di questo ruolo cruciale.”
Una parte importante dei caregiver sono donne tra i 50 e i 60 anni di età che assistono la persona 24 ore su 24. Esistono, poi, i caregiver giovani, coloro che curano un genitore o un fratello malato, ai quali dedichiamo un progetto speciale nelle scuole per aiutarli a parlare, condividere le difficoltà, chiedere aiuto. Un caregiver informato e aiutato rende molto più leggero il carico che grava sul Servizio Sociosanitario e riduce la necessità di interventi di emergenza. Un ruolo che va riconosciuto partendo dai dati. Ogni euro investito nell’integrazione tra i piani sanitari è in grado di creare 1,84 euro di valore sociale”. (Indice SROI, Social Return on Investment-Ritorno Sociale sull’Investimento, misurare l’impatto dei propri investimenti o iniziative di welfare aziendale in termini di rendimento sociale).
Per saperne di più: quadro normativo
• Legge Regionale 11 luglio 1997 n. 31 “Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”.
• La legge regionale. n. 23 del 11 agosto 2015 – Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo: modifiche al Titolo I e l Titolo II della legge regionale del 30 dicembre 2009 n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità);
• La legge regionale di riforma 14 dicembre 2021 n° 22 ha definito un nuovo assetto territoriale delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali e delle Agenzie di Tutela della Salute.