“Una necessità prima ancora che un’idea progettuale” spiega il dott. Raffaele Scala, direttore UOC Pneumologia di San Donato.
Una risposta concreta a un bisogno crescente

Quattro posti letto per la riabilitazione intensiva di pazienti con grave disabilità respiratoria: è la nuova offerta assistenziale della UOC Pneumologia dell’ospedale San Donato di Arezzo, diretta dal dr. Raffaele Scala. Il progetto punta a integrare in un unico percorso la gestione della fase acuta e quella riabilitativa.
“È stata una necessità prima ancora che un’idea progettuale – racconta Scala –. Dopo il Covid abbiamo osservato un aumento dei pazienti che, pur superando la fase acuta, restavano dipendenti da supporti respiratori. Eravamo costretti a prolungare il ricovero in UTIP (Unita Terapia Intensiva Pneumologica), rallentando il turnover e posticipando la riabilitazione per mancanza di personale dedicato, soprattutto fisioterapisti. I centri regionali disponibili erano pochi, con lunghe liste d’attesa, e solo un limitato numero dei pazienti riusciva ad accedervi”.
La prima struttura pubblica in Toscana dedicata alla riabilitazione respiratoria intensiva
La PIR (Pneumologia Intensiva Riabilitativa) rappresenta il primo centro di riabilitazione intensiva pneumologica in Toscana gestito interamente dal sistema sanitario pubblico. Fa parte del Piano interaziendale con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese per la gestione integrata delle patologie respiratorie complesse. Ad affiancare la PIR anche un ambulatorio, collocato all’interno del San Donato, dove i pazienti dopo la dimissione dalla pneumologia, in continuità ospedale-territorio, proseguiranno i trattamenti fisioterapici e/o logopedici.
L’obiettivo della PIR è dare una risposta adeguata e completa ai bisogni specifici dei pazienti all’interno dell’azienda, facilitando la presa in carico globale delle persone con gravi patologie respiratorie sia in ambito di ricovero che in ambito ambulatoriale.
I pazienti: profili clinici complessi e bisogni mirati
Il bacino d’utenza è ampio e in crescita. I pazienti candidati a questo tipo di riabilitazione respiratoria sono persone che hanno superato la fase critica in UTIP, ma restano dipendenti dalla ventilazione meccanica o presentano altre gravi disabilità respiratorie o motorie.
“Si tratta di profili clinici molto eterogenei – spiega Scala –: pazienti con BPCO o enfisema polmonare in fase avanzata, con esiti di gravi polmoniti, malattie neuromuscolari o deformità della gabbia toracica. Ma anche soggetti fragili, con poli-patologie e lunghe degenze. In alcuni casi parliamo anche di pazienti che non avevano patologie respiratorie pregresse, ma che sono usciti da una polmonite severa con un recupero particolarmente lento e complesso. In tutti i casi, il comune denominatore è la necessità di un intervento riabilitativo tempestivo e specializzato”.
Riabilitazione respiratoria: modello che valorizza il lavoro di equipe
“Il lavoro di equipe da parte di diverse figure professionali è fondamentale: l’integrazione diventa sinergica e non soltanto una somma di azioni da parte di questi professionisti” ha sottolineato Scala.
Il team include pneumologi, infermieri, fisioterapisti, logopedisti, nutrizionisti, psicologi e altri specialisti secondo le necessità cliniche. Ogni paziente viene seguito con un piano condiviso di lavoro, aggiornato in base all’evoluzione del quadro clinico.
“Puntiamo su un approccio innovativo multidisciplinare. Un Centro di cui avvertivamo la necessità: ogni anno l’Utip di Arezzo tratta oltre 300 pazienti. Di questi il 15% ha necessità di un trattamento riabilitativo intensivo pneumologico. Inoltre, considerando la casistica della Pneumologia dell’area vasta, il numero dei pazienti candidati a tale trattamento in questa struttura può essere stimato di 45 casi all’anno”.
Un nuovo modello di presa in carico: dalla fase acuta al rientro a casa
L’attivazione della riabilitazione già nella fase post-acuta consente di ridurre le complicanze e migliorare significativamente gli esiti funzionali. “Se non interveniamo tempestivamente – ha osservato il direttore della Pneumologia – rischiamo di vanificare i risultati ottenuti durante la fase acuta, esponendo i pazienti a un’invalidità persistente”.
L’approccio adottato permette un recupero più efficace e un ritorno al domicilio in condizioni di maggiore autonomia. Il percorso ambulatoriale post-ricovero aiuta a mantenere i progressi acquisiti, anche con l’ausilio di strumenti di telemedicina.
Guardando al futuro: reti più capillari e continuità territoriale
L’orizzonte è quello di un modello estensibile. “Ci auguriamo – conclude Scala – che questa esperienza contribuisca alla creazione di una rete più capillare di centri dedicati, in grado di rispondere a un bisogno crescente”.
Una necessità che riguarda non solo la Toscana, ma tutto il Paese. “Oggi l’offerta di posti dedicati alla riabilitazione respiratoria intensiva è molto limitata. Le risposte per queste patologie sono ancora lontane da quelle garantite ad altri ambiti”.
La proiezione extra-ospedaliera è il secondo grande obiettivo: creare percorsi di mantenimento anche sul territorio, proseguendo l’assistenza oltre la dimissione. “Per molti pazienti – aggiunge – il recupero non sarà mai completo. Ma possiamo garantire una migliore qualità di vita se riusciamo a seguirli più da vicino, anche fuori dall’ospedale”.