“Sono oltre 12 milioni, oggi, i sopravvissuti al cancro in Europa. La scienza ci dice che da un tumore si può guarire, e questo principio deve essere fatto valere in ogni ambito per eliminare pregiudizi, a partire da quello lavorativo”
Onorevole, quali conseguenze ha la diagnosi di tumore sull’attività lavorativa di una persona?
La battaglia contro il cancro è certamente la più dura. Dopo una diagnosi di tumore, la persona non solo deve affrontare la malattia ma può incontrare difficoltà nel mantenere il proprio posto di lavoro. E’ difficile lavorare sia per i sintomi connessi alla malattia che per gli effetti collaterali che subentrano a seguito delle cure. A questo si aggiunga il carico di appuntamenti medici per terapie e controlli e quello emotivo e psichico. Serve tutelare sia il paziente oncologico, sia l’ex paziente oncologico che ha già superato la delicata fase della malattia.
Il nostro ordinamento contempla, sia per i dipendenti pubblici che privati, la sospensione del rapporto di lavoro, per infortunio, malattia e gravidanza. Il lavoratore che non è nelle condizioni di garantire la prestazione lavorativa ha diritto alla corresponsione di una retribuzione. O di un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalle altre fonti di diritto. Ha anche diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo di tempo (c.d. periodo di comporto). Sul datore di lavoro grava il divieto di procedere a licenziamento per cause riferibili allo stato di salute del prestatore di lavoro derivanti dalla malattia o dall’infortunio, pena la nullità del licenziamento stesso. (Art. 2110, comma 2, c.c.).
Quali strumenti sono disponibili per sospendere l’attività quando le condizioni di salute non lo permettono? Quali forme di sostegno esistono per coloro che non possono più lavorare?
In linea generale, per quanto concerne il settore pubblico, la tutela dei soggetti affetti da patologie oncologiche si inserisce in un quadro più ampio. La contrattazione, infatti, riconosce determinate agevolazioni ai dipendenti affetti da patologie gravi, non solo oncologiche, che richiedono terapie salvavita. Numerosi CCNL dispongono che i lavoratori pubblici abbiano diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi nel triennio. La retribuzione è intera per i primi nove mesi, decurtata del 10 per cento nei successivi tre e del 50 per cento negli ultimi sei. E’ previsto un ulteriore periodo di diciotto mesi senza retribuzione, con la garanzia del mantenimento del posto di lavoro.
In presenza di gravi patologie che richiedano terapie salvavita, la contrattazione collettiva può estendere tale periodo di comporto, anche prevedendo l’esclusione dal computo delle assenze per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero, di day-hospital o di accesso ambulatoriale e convalescenza postintervento nonché i giorni di assenza dovuti all’effettuazione delle citate terapie.
L’aspettativa per infermità
Un ulteriore istituto disciplinato dal nostro ordinamento è l’aspettativa per infermità (di cui all’art. 68, co. 3, del D.P.R. n. 3/1957 recante il Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), utilizzabile dal dipendente pubblico in caso di grave patologia. Tale aspettativa per infermità ha termine con il cessare della causa per la quale fu disposta e non può protrarsi per più di diciotto mesi. Ai sensi dei successivi commi 4 e 6, durante l’aspettativa l’impiegato ha diritto all’intero stipendio per i primi dodici mesi ed alla metà di esso per il restante periodo, conservando integralmente gli assegni per carichi di famiglia. Il tempo trascorso in aspettativa per infermità, inoltre, è computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.
Nel settore privato, fatte salve le disposizioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi, per gli impiegati la durata del comporto è regolamentata e differenziata in relazione all’anzianità di servizio del lavoratore:
– 3 mesi, se l’impiegato ha un’anzianità di servizio non superiore ai 10 anni;
– 6 mesi, se l’impiegato ha un’anzianità di servizio di oltre 10 anni (art. 6, commi 4 e 5 del regio decreto legge n. 1825/1924). Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita esclusivamente dalla contrattazione collettiva.
La proposta di legge
Proprio per rafforzare il diritto alla salute tutelato dall’articolo 32 della Costituzione in ambito lavorativo, per i lavoratori affetti da patologie oncologiche, ho presentato una proposta di legge – confluita nel testo unificato – sulla conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche.
Il testo prevede tutele aggiuntive rispetto a quelle già disposte dalla normativa vigente e dalla contrattazione collettiva, che vanno dal congedo, durante il quale è riconosciuta la conservazione del posto di lavoro, ai permessi per esami e cure mediche. Peraltro, si introducono misure supplementari anche a sostegno dei lavoratori autonomi affetti da malattie invalidanti, per consentire loro di accedere ad una sospensione dell’esecuzione dell’attività svolta per il committente, entro un periodo di 300 giorni per anno solare.
Evidenzio che nel corso dell’esame in Assemblea del disegno di legge di bilancio per l’anno finanziario 2024, è stato approvato un ordine del giorno da me sottoscritto che impegna il Governo ad “istituire, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e le risorse disponibili, un apposito Fondo per l’estensione di permessi e congedi retribuiti ai dipendenti pubblici o privati affetti da malattie oncologiche o da malattie invalidanti o croniche, anche rare, individuate con apposito decreto del Ministro della salute, previa prescrizione del proprio medico di medicina generale o medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata”.
Quali sono i principali ostacoli che incontra una persona reduce da un tumore nel reinserirsi nel mondo del lavoro?
Finito il calvario dovuto alla patologia, con la guarigione inizia un altro difficile percorso che è quello di avere gli stessi diritti di chi non si è mai ammalato. Non concepisco che vi siano discriminazioni verso gli ex malati di cancro nell’accesso al lavoro, ma anche nel richiedere servizi finanziari oppure in caso di adozione.
Grazie ai progressi scientifici e ai miglioramenti nelle prime fasi del percorso oncologico (tra cui la diagnosi precoce, le terapie efficaci e le cure di supporto), si è registrato un continuo aumento dei tassi di sopravvivenza a 5 anni per i tipi di cancro più comuni in tutti i Paesi dell’Ue.
Secondo le stime, sono oltre 12 milioni oggi i sopravvissuti al cancro in Europa. La scienza ci dice che da un tumore si può guarire, pertanto questo principio deve essere fatto valere in ogni ambito per eliminare pregiudizi.
Secondo un recente studio della Commissione Europea, pazienti ed ex pazienti oncologici rischiano di essere discriminati a causa della mancanza di soluzioni ragionevoli sul lavoro, ad esempio l’assenza di cambiamenti nell’ambiente di lavoro o nel modo in cui le cose vengono abitualmente fatte. È stato riscontrato, inoltre, un rischio più elevato di licenziamento/risoluzione illegittima dei contratti di lavoro per motivi di salute. Altri dati riportano che il 50% di tutte le persone affette da cancro ha paura di dirlo ai propri datori di lavoro.
trovare nuovo impiego
Un aspetto rilevante è anche la difficoltà nel trovare un nuovo impiego. Sono attivamente impegnato affinché venga riconosciuto il diritto alla conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da patologie oncologiche, invalidanti o croniche.
Così come mi sono battuto in prima persona fin dalla XVIII legislatura per far valere il cosiddetto oblio oncologico, tema su cui ho presentato una proposta di legge, confluita poi in un testo unificato approvato definitivamente dal Parlamento e diventato legge nella legislatura in corso. Ebbene, grazie a quell’importante percorso oggi abbiamo nel nostro ordinamento la legge n. 193 del 7 dicembre 2023: Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche. Con questo Governo, in Italia è stato dunque finalmente introdotto l’oblio oncologico, che rappresenta una fondamentale conquista di civiltà che tutela e migliora la vita degli ex pazienti che non dovranno più essere destinatari di disparità a causa della loro storia clinica.
Come risponde l’intervento normativo “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche” del quale si è fatto promotore?
Si tratta di una legge di civiltà che ho voluto fortemente, affinché venga esclusa qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento nei confronti delle persone guarite da patologie oncologiche.
In particolare, è stato introdotto il diritto all’oblio oncologico. E’ il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini, in merito alla propria pregressa condizione patologica in specifiche situazioni della loro vita. Il diritto all’oblio si realizza quando è trascorso un determinato periodo dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute – come comprovato da certificazione medica.
Nello specifico, la legge entrata in vigore garantisce tale diritto nell’accesso al lavoro o nel mantenimento del proprio impiego. Lo stesso dicasi dei percorsi di riqualificazione professionale e di carriera, nonché nel riconoscimento della giusta retribuzione.
Inoltre, il diritto all’oblio per gli ex pazienti è stato riconosciuto nell’ambito di una delicata materia del diritto di famiglia. Riguarda, per esempio, la richiesta di adozione. Lo scopo è evitare discriminazioni attraverso indagini sulla salute dei richiedenti che riguardino diagnosi di patologie oncologiche, dopo che è intervenuta la guarigione.
Sono previste, infine, delle tutele per potere usufruire dei servizi bancari e assicurativi. Le informazioni relative alla pregressa malattia non devono influire sull’erogazione di mutui, prestiti, polizze e servizi finanziari.
Conclusione
Questa legge è stata un importante traguardo per garantire la parità di trattamento a coloro che hanno superato la grave malattia. Queste persone hanno tutto il diritto di riprendere la loro vita accedendo a opportunità lavorative, sociali e personali.