“Più 5% aggressioni ai sanitari: la deterrenza da sola non basta”

"Ogni Asl nel 2024 ha subito almeno 116 episodi violenti" dice Giovanni Migliore, presidente di Fiaso. Videosorveglianza nei Pronto Soccorso, pene e presidi di polizia non bastano per ridurre la violenza: "Urgente cambiare narrazione sul nostro Ssn”.
Aggressioni sanitari, nella foto l'incontro FIASO di PISA

La sanità pubblica italiana è spesso al centro del dibattito per le sue criticità, ma rappresenta anche un esempio di eccellenza e innovazione grazie all’impegno quotidiano di migliaia di professionisti. Su questa premessa si è sviluppato l’evento “Curiamo la fiducia tra cittadini e SSN”, organizzato a Pisa dalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) in collaborazione con la Società italiana di Medicina di emergenza-urgenza (Simeu), in occasione della Giornata nazionale contro le aggressioni ai sanitari.

Più sicurezza per il personale sanitario

Un tema centrale della discussione è stato il rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario nazionale. Giovanni Migliore, presidente di Fiaso, ha sottolineato come l’inasprimento delle pene per chi aggredisce il personale sanitario sia un segnale importante, ma non sufficiente. “La deterrenza da sola non basta: servono ambienti di lavoro più sicuri, una formazione adeguata per gli operatori e un monitoraggio costante del fenomeno” ha affermato Migliore, evidenziando la necessità di migliorare l’organizzazione del sistema per ridurre le tensioni, specialmente nei pronto soccorso, dove sovraffollamento e lunghe attese sono tra le principali cause di episodi di aggressività.

Raccontare la sanità senza alimentare sfiducia

Un altro aspetto affrontato riguarda la narrazione della sanità pubblica. Se da un lato denunciare le criticità è necessario, dall’altro un racconto esclusivamente negativo rischia di alimentare la sfiducia e di esasperare il clima di tensione. “Nonostante le difficoltà, il Servizio sanitario nazionale garantisce assistenza di qualità e raggiunge risultati straordinari anche in contesti complessi”, ha ricordato Migliore, evidenziando come la percezione negativa possa avere ripercussioni sia sui pazienti sia sugli operatori.

Le misure per ridurre le aggressioni ai sanitari

Dati alla mano, il 70% dei pronto soccorso dispone di sistemi di videosorveglianza e vigilanza, mentre oltre la metà delle strutture sanitarie ha presidi fissi di polizia. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha stanziato fondi per la sicurezza ospedaliera, ma la questione riguarda anche le strutture territoriali, dove avviene il 50% delle aggressioni. La violenza contro il personale sanitario non solo mette a rischio chi lavora, ma influisce sull’intero sistema, incentivando medici e infermieri a spostarsi verso il settore privato e aggravando la carenza di personale.

Un nuovo patto di fiducia con i cittadini

Per contrastare questa tendenza, è fondamentale ristabilire un patto di fiducia con i cittadini, basato su trasparenza, comunicazione chiara e valorizzazione delle cure primarie. “Se la vita media degli italiani si è allungata, è anche merito della sanità pubblica”, ha ribadito Migliore. In questa prospettiva, le aziende sanitarie stanno già adottando misure concrete, come il controllo degli accessi, il potenziamento della videosorveglianza e la formazione specifica del personale.

Un esempio di buona pratica

L’iniziativa di Fiaso e Simeu rappresenta dunque un esempio plastico del tentativo di migliorare la sicurezza e il clima di fiducia nella sanità pubblica anche attraverso una diversa narrazione della sanità. La sfida, infatti, non è solo quella di prevenire la violenza, ma di promuovere un cambiamento culturale che riconosca e valorizzi il ruolo fondamentale del Servizio sanitario nazionale nella tutela della salute pubblica.

Sullo stesso argomento: Violenza in Pronto Soccorso: perché succede e perché potrebbe non esserci soluzione

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