Il Lupus Eritematoso Sistemico: la malattia dai mille volti

In Italia convivono con questa malattia circa 40.000 persone. Strumenti diagnostici e nuovi farmaci biologici sono in grado di portare a remissione. La prevenzione è possibile anche nei familiari sani ma bisogna correggere il ritardo diagnostico dice la Società Italiana di Reumatologia (SIR).
L'immagine raffigura truciolato delle matite colorate e raffigura metaforicamente la complessità della malattia Lupus Eritomatoso Sistemico.

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), noto come “la malattia dai mille volti”, è una condizione autoimmune complessa e spesso sfuggente, in grado di colpire qualunque organo o tessuto del corpo umano. A causarla è una reazione anomala del sistema immunitario che, invece di proteggere l’organismo, scatena un attacco contro i suoi stessi tessuti, generando un’infiammazione cronica e diffusa.

Un impatto soprattutto femminile

In Italia convivono con questa malattia circa 40.000 persone, mentre nel mondo si stima siano oltre 5 milioni. In nove casi su dieci, le vittime del Lupus sono donne, spesso in giovane età. Tra i volti noti colpiti dalla patologia c’è anche la popstar Selena Gomez, che ha condiviso pubblicamente il proprio percorso con la malattia attraverso una docu-serie.

Giornata Mondiale del Lupus: un’occasione per fare luce

Il 10 maggio, in occasione della Giornata Mondiale del Lupus, la Società Italiana di Reumatologia (SIR) e il Gruppo LES Italiano ODV hanno unito le forze per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni su una malattia tanto complessa quanto sottovalutata, che rappresenta un emblema della difficoltà di diagnosi e gestione delle patologie reumatologiche.

Diagnosi difficile, ma strumenti in evoluzione

“Il Lupus è spesso difficile da riconoscere a causa della sua presentazione iniziale molto aspecifica – ha spiegato il professor Andrea Doria, presidente della SIR -. Ma la presenza nel sangue di specifici autoanticorpi, in particolare gli anticorpi antinucleo, può aiutarci a risolvere il rompicapo diagnostico. È fondamentale che medici di base e altri specialisti considerino il Lupus quando si trovano di fronte a sintomi come dolori articolari, febbricola, rush cutanei, pleuriti inspiegabili, alterazioni del sangue o sintomi renali”.

Nuove terapie e possibilità di remissione

Grazie ai progressi della ricerca scientifica e all’arrivo di nuovi farmaci – tra cui immunosoppressori di nuova generazione e terapie biologiche – oggi è possibile ottenere una remissione della malattia anche per lunghi periodi. Fondamentale, però, è la diagnosi precoce, che consente di intervenire prima che il Lupus arrechi danni permanenti agli organi.

La voce dei pazienti: diagnosi tardive e solitudine

Nonostante questi passi avanti, resta critica la questione del ritardo diagnostico. Secondo Rosa Pelissero, presidente del Gruppo LES, possono trascorrere fino a 20 mesi tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi definitiva. “Durante questo tempo la malattia può avanzare indisturbata, con conseguenze anche gravi. Inoltre, le lunghe liste d’attesa per visite ed esami ostacolano l’accesso tempestivo alle cure. Servono ambulatori di riferimento, continuità terapeutica e una presa in carico più integrata del paziente”.

La convivenza quotidiana con il Lupus non è semplice: stanchezza cronica, dolori diffusi e difficoltà sociali sono all’ordine del giorno. “Le persone con Lupus non soffrono solo fisicamente – prosegue Pelissero – ma spesso si sentono sole, inascoltate, discriminate. Alcuni pazienti faticano persino a parlare della loro condizione, temendo pregiudizi o incomprensioni. La disinformazione è ancora tanta, e per questo è essenziale continuare a fare divulgazione e formazione”.

Il ruolo della prevenzione: una frontiera ancora poco esplorata

Uno degli aspetti più promettenti emersi negli ultimi anni è quello della prevenzione, ancora poco discusso in ambito reumatologico. Il professor Doria sottolinea l’importanza di tre livelli di prevenzione: la secondaria (diagnosi precoce), la terziaria (prevenzione delle complicanze) e, soprattutto, la primaria. Quest’ultima è rivolta ai familiari dei pazienti o a persone che presentano nel sangue gli anticorpi tipici della malattia ma senza sintomi evidenti.

“Individui apparentemente sani ma con fattori di rischio – spiega Doria – possono trarre grande beneficio da un monitoraggio attivo e da semplici strategie come evitare il fumo, assumere vitamina D, mantenere una dieta equilibrata e svolgere attività fisica regolare. Non possiamo ancora impedire la comparsa del Lupus, ma possiamo ritardarne l’esordio o ridurne la gravità”.

Un sistema sanitario con buoni risultati, ma da rafforzare

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano, nonostante le criticità, si conferma ancora un punto di riferimento a livello internazionale. L’Italia vanta tempi diagnostici più rapidi e un accesso ai farmaci innovativi più sostenibile rispetto ad altri Paesi. Ma il sistema ha bisogno di essere rafforzato: ridurre le liste d’attesa, investire nella prevenzione e garantire un’assistenza continuativa ai pazienti sono oggi sfide non più rimandabili.

In un contesto in cui la scienza offre nuove opportunità, è il tempo – quello perso o guadagnato – a fare la differenza nella vita di chi combatte contro il Lupus.

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