di Vito Antonio Baldassarro, Ricercatore Tenure Track (RTT) – Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie (DIMEVET), Università di Bologna
Le tecniche per studiare cellule e tessuti hanno fatto enormi passi avanti negli ultimi decenni, grazie a metodiche di microscopia avanzata accoppiate alle analisi molecolari, portando alla ridefinizione della biologia di alcuni tessuti e alcune cellule. Un esempio attuale di questo continuo progresso è rappresentato dallo studio di una cellula abbondante nel sistema nervoso centrale (SNC): il precursore dell’oligodendrocita (OPC, oligodendrocyte precursor cell).
Era l’inizio del XX secolo, quando Pio del Rio Hortega scoprì l’oligodendrocita e il suo precursore, l’OPC. Furono poi gli studi del gruppo di Martin Raff (University of Cambridge) ad approfondire la conoscenza sulla biologia di questa cellula e il suo ruolo nella fisiologia del SNC. L’OPC, infatti, quando differenzia in oligodendrocita maturo, è responsabile della mielinizzazione durante lo sviluppo e, durante la vita adulta, del turnover fisiologico e della riparazione della mielina.
Conosciamo bene il ruolo dell’oligodendrocita nel produrre la mielina nel SNC e la funzione che questa ha nella trasmissione del segnale lungo l’assone, informazioni che si integrano con le nuove evidenze sul suo ruolo nella protezione dell’assone stesso, nel metabolismo del neurone e nella risposta a diversi stimoli, come quello infiammatorio.
L’OPC, invece, è stato sempre identificato come un precursore quiescente, pronto ad attivarsi, migrare, replicare e differenziare, quando stimoli adeguati lo richiedono.
La rimielinizzazione: l’unico processo riparativo del sistema nervoso centrale che porta ad un completo ripristino anatomico e funzionale
Così è definito il processo di riparazione della mielina, o rimielinizzazione. La mielina, nel SNC, è formata dagli OL, dai prolungamenti della loro membrana cellulare che si avvolgono intorno all’assone. Quando la mielina viene danneggiata e gli OL muoiono, sono gli OPC che si attivano, replicano, migrano verso il sito de-mielinizzato e differenziano in OL che andranno a riformare la mielina. L’OPC risente di stimoli indotti dai processi di demielinizzazione e di danno alla mielina, dai detriti della mielina disgregata fino a segnali chimico-fisici, come citochine infiammatorie, processi ipossico/ischemici o modificazioni della matrice extracellulare (vedi figura).

La figura illustra i diversi fattori in grado di indurre una risposta nell’OPC. Figura prodotta da V. Antonio Baldassarro, presente nell’articolo Baldassarro et al., 2022 (doi: 10.4103/1673-5374.335834).
Per molto tempo ci si è domandato se il processo di riparazione della mielina fosse in qualche modo sovrapponibile alla mielinizzazione che avviene durante lo sviluppo, ma decenni di ricerche hanno evidenziato differenze significative nella biologia degli OPC adulti rispetto a quelli dello sviluppo. Queste riguardano sia la biologia intrinseca dell’OPC adulto, che sembra essere molto diversa da quella del suo corrispettivo durante lo sviluppo, sia la sua capacità e le sue modalità di risposta agli stimoli (REF: 10.1002/glia.23750).
Non solo mielina: la rivisitazione del ruolo dell’OPC
Visto l’ampio ventaglio di stimoli con cui l’OPC riesce ad interagire, che sottintende anche un’estrema capacità di comunicare con le altre cellule che abitano il SNC, negli ultimi anni la ricerca si sta chiedendo se il ruolo di questa cellula non vada oltre quanto descritto fino ad ora. Anche alla luce del fatto che circa l’8% delle cellule che compongono il SNC adulto sono proprio OPC, presenti indistintamente nella sostanza bianca e nella sostanza grigia.
Le risposte stanno arrivando e sono sempre più chiare. L’OPC sembra essere coinvolto attivamente in diversi processi fisiologici dell’SNC. È, ad esempio, componente attiva dell’unità neurovascolare, regolando insieme ad astrociti, periciti e cellule endoteliali, la barriera emato-encefalica. L’OPC, inoltre, risponde ai neurotrasmettitori (es. GABA/glutammato) ed è implicato nella regolazione della densità/attività neuronale e nella plasticità sinaptica tramite il rilascio di diversi mediatori chimici (es. TWEAK, FGF2, PTGDS). Questa cellula risente anche direttamente dell’attività neuronale tramite il canale potassio Kir4.1, contribuendo al mantenimento dell’omeostasi del potassio extracellulare.
Anche nel cervello in sviluppo la sua interazione con i neuroni sembra essere indispensabile. L’OPC, ad esempio, tramite la sua attività fagocitaria, è in grado di regolare il pruning degli assoni e delle sinapsi.
I suoi ruoli non si limitano al mantenimento dell’omeostasi, ma l’OPC risponde attivamente ai processi immunitari e infiammatori
Le aree terapeutiche, diagnostiche, patogenetiche che una ricerca ulteriore su OPC potrebbe aprire
Attualmente si sta rivalutando molto il ruolo di mielina / OPC nelle patologie del SNC, anche in quelle degenerative (come la malattia di Alzheimer), o in quelle indotte da un danno nello sviluppo (come l’ipossia/ischemia neonatale) o nell’adulto (danno traumatico del midollo spinale).
La nuova visione dell’OPC come cellula fondamentale nella regolazione dell’omeostasi (dalla regolazione dei processi sinaptici all’unità neuro-vascolare) accoppiata con la sua versatilità nella risposta agli stimoli, la rende un bersaglio ideale su cui agire, sia per regolare i processi in cui è implicato, sia per stimolare indirettamente la neuroprotezione tramite la protezione dell’assone da parte della mielina.
Questo non solo in patologie in cui la mielina ha un ruolo centrale (come la sclerosi multipla), ma anche in malattie neurodegenerative, in malattie dello sviluppo e/o traumatiche.
In chiusura
Cosa rimane ancora da scoprire? Sappiamo, ad esempio, che gli OPC non sono un’unica popolazione ma, proprio grazie alle metodiche a cui abbiamo accennato nell’introduzione, stiamo scoprendo una eterogeneità tra OPC residenti in diverse aree. Ad esempio, OPC residenti nella sostanza grigia e nella sostanza bianca sembrano rispondere in maniera molto diversa agli stimoli.
Oltre all’importanza di riscoprire una cellula così affascinante, non dimentichiamo anche un lato applicativo: in un tessuto in cui la rigenerazione endogena è scarsa o nulla e in cui le terapie sono molto difficili da applicare e rendere efficaci, una cellula così attiva e “multitasking” come l’OPC potrebbe essere un mediatore ideale per nuove strategie terapeutiche.