Il cambiamento climatico sta modificando profondamente le condizioni di lavoro, soprattutto in settori come l’agricoltura, dove l’esposizione diretta agli agenti atmosferici è inevitabile. Nel corso del recente convegno nazionale sulla sicurezza in agricoltura, svoltosi a Cividale del Friuli (UD), il Dipartimento di Prevenzione di Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale ha presentato uno studio che mette in luce i rischi legati all’esposizione al calore per la salute degli operatori agricoli. I dati raccolti durante l’estate 2023 evidenziano una situazione critica, con implicazioni importanti per la salute e la sicurezza.
Un caldo da record
Il Friuli Venezia Giulia è sempre più caldo: il 2023 è stato il terzo anno più caldo mai registrato nella regione, secondo l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Le temperature in aumento non sono solo un dato meteorologico, ma un problema concreto per i “lavoratori outdoor”, come gli operatori agricoli e manutentori del verde, che affrontano ogni giorno il rischio di stress termico. Colpi di calore, crampi e persino un aumento degli infortuni sono tra le conseguenze più evidenti.
Lo studio sul campo: un’indagine mirata
Per valutare i rischi legati al calore, il personale del Dipartimento di Prevenzione di ASUFC ha condotto, nei mesi di luglio e agosto, una campagna di monitoraggio sul campo. Lo studio, coordinato da Marco Fabozzi, tecnico della prevenzione, ha coinvolto circa 40 lavoratori del Medio Friuli impegnati in attività agricole come la coltivazione di ortaggi e piante ornamentali, sia in pieno campo che in serra, e la manutenzione del verde.
Le rilevazioni sono state effettuate utilizzando l’indice WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), che combina temperatura, umidità e velocità dell’aria. Contestualmente, gli operatori agricoli hanno risposto a questionari per valutare la percezione del rischio e le misure di prevenzione adottate.
I risultati: dove intervenire
I dati emersi dipingono uno scenario preoccupante. Nella maggior parte delle rilevazioni, i valori limite di sicurezza sono stati superati. Tra le criticità più evidenti:
- Idratazione insufficiente: il 30% dei lavoratori beve acqua a temperatura ambiente, mentre due terzi consumano quantità di acqua inadeguate rispetto al fabbisogno.
- Pause non ottimali: le pause vengono effettuate raramente e, spesso, in aree prive di ombreggiatura.
- Formazione carente: oltre il 60% dei lavoratori non è consapevole dei sintomi del colpo di calore o delle azioni di primo soccorso.
- Protezione solare assente: il 57% non utilizza creme solari o abiti protettivi adeguati, aumentando il rischio di danni alla pelle.
Le soluzioni: prevenzione e consapevolezza
I risultati dello studio richiedono azioni immediate e mirate. Tra le proposte operative:
- Creazione di aree ombreggiate per le pause, utilizzando gazebo o ombrelloni.
- Fornitura di acqua fresca durante tutto l’orario di lavoro.
- Pianificazione di pause brevi e frequenti per ridurre lo stress termico.
- Potenziamento della formazione dei lavoratori sui rischi del caldo e sulle strategie di prevenzione.
Barbara Alessandrini, direttrice della Struttura Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, ha annunciato iniziative di sensibilizzazione che coinvolgeranno imprese agricole e istituti agrari della provincia di Udine. Saranno distribuiti opuscoli informativi e organizzati corsi specifici per migliorare la consapevolezza sui rischi legati al calore.
Un impegno condiviso per la salute degli operatori agricoli
La lotta agli effetti del cambiamento climatico sul lavoro richiede uno sforzo collettivo. Solo attraverso la collaborazione tra istituzioni, aziende e lavoratori sarà possibile garantire condizioni di lavoro sicure e sostenibili, proteggendo la salute dei lavoratori e assicurando la produttività del settore agricolo, fondamentale per l’economia regionale.