Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Candiolo – IRCCS ha messo a punto un algoritmo di nuova generazione che permette di analizzare, in modo molto più semplice rispetto agli algoritmi attualmente disponibili, i dati genetici dei pazienti con tumore del colon-retto, a partire da organoidi o cellule, e di selezionare coloro che potrebbero beneficiare della terapia sperimentale a base di PARP-inibitori, un trattamento già approvato e utilizzato per i tumori ovarici, del pancreas, della prostata e della mammella. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista NPJ Precision Oncology.
Qual è l’obiettivo dell’algoritmo
“Il nostro team di ricerca multidisciplinare ci ha portato a perfezionare il primo algoritmo sviluppato per il tumore del colon-retto, chiamato HRDetect, fino ad arrivare alla realizzazione di un algoritmo di nuova generazione, HRDirect, che potrebbe semplificare l’identificazione dei pazienti con un tumore del colon-retto vulnerabile alla terapia sperimentale con gli inibitori di PARP, ossia l’enzima che ripara il DNA delle cellule tumorali”. Lo ha detto Sabrina Arena, group leader dell’IRCCS Candiolo e professoressa del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e in collaborazione con il prof. Alberto Bardelli dell’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare di Milano e con l’ospedale Niguarda di Milano.
La differenza tra algoritmi
“Per funzionare correttamente, i ‘vecchi algoritmi’ hanno bisogno di avere a disposizione anche il DNA germinale del paziente, ovvero quello che ogni persona ha fin dalla sua nascita, per poi confrontarlo con il DNA tumorale in modo da valutare le vulnerabilità, compresa quella ai PARP inibitori. L’algoritmo di nuova generazione HRDirect, ideato dal ricercatore Giorgio Corti, è invece in grado di effettuare la stessa operazione anche senza avere a disposizione il DNA germinale del paziente che, molto spesso, è difficile recuperare o che comunque richiede tempi di analisi più lunghi. Il nuovo algoritmo è l’unico che permette di identificare con una buona sensibilità e accuratezza i pazienti resistenti alla terapia con gli inibitori di PARP”.
Per saperne di più
Il tumore del colon è una delle neoplasie più diffuse al mondo, contemplata nell’elenco dei cosiddetti “big killer”, cioè le forme di cancro che uccidono di più. Si stima che nel 2023 le nuove diagnosi di tumore del colon-retto siano state circa 50mila, un numero inferiore solo ai nuovi casi di cancro al seno (circa 55.900). Studi precedenti, condotti anche dai ricercatori dell’IRCCS Candiolo, hanno dimostrato che gli inibitori dell’enzima PARP, potrebbero rivelarsi utili in futuro anche per il trattamento delle forme più avanzate del tumore del colon-retto. Già usati e approvati per i carcinomi dell’ovaio, del pancreas, della prostata e della mammella, gli inibitori di PARP sembrano efficaci in un gruppo selezionato di pazienti che presentano un’alterazione specifica nel sistema di riparazione del DNA, chiamata BRCAness. Si calcola che questo gruppo di pazienti rappresenti circa il 13% del totale di quelli colpiti dal tumore del colon-retto. Tuttavia, riuscire a sapere in anticipo quali di questi pazienti possano beneficiare o meno del trattamento a base di inibitori di PARP non è affatto semplice.