Sebbene nei Paesi occidentali la tubercolosi sia ormai considerata sotto controllo, molti altri Paesi continuano a registrare nuovi casi ogni anno, ostacolando così il raggiungimento dell’obiettivo di eliminare la malattia entro il 2035.
Con l’aumento degli spostamenti verso aree ad alta incidenza, la tubercolosi è tornata a rappresentare un’emergenza per le popolazioni vulnerabili, come i migranti, i pazienti immunodepressi e coloro che vivono in condizioni di sovraffollamento, come nei rifugi per senzatetto e nelle carceri. A livello globale, la tubercolosi è la seconda causa di morte per singolo agente infettivo dopo il Covid. In Italia, i casi stimati sulla base delle notifiche sono stati meno di 3.000 all’anno dal 2020. Nel 2021 sono stati notificati 2.480 casi, e dal 2025 questa infezione potrebbe diventare la principale causa di decesso per singolo agente infettivo.
Sono necessarie soluzioni per contrastarla
Per contrastare la diffusione delle infezioni da tubercolosi, è essenziale avviare programmi di sorveglianza che includano anche i casi di infezione latente, considerando che attualmente non esiste un registro centralizzato che raccolga le notifiche provenienti dalle strutture locali e dal Ministero della Sanità. Questi programmi contribuiranno a sensibilizzare i cittadini sul rischio di contrarre l’infezione, consentendo al sistema sanitario, sia regionale che nazionale, di monitorare e prevenire eventuali aumenti della malattia.
“Abbiamo la percezione che la tubercolosi sia principalmente legata all’immigrazione. Tuttavia, i migranti di solito non arrivano con la malattia già manifesta, ma con l’infezione latente, provenendo da Paesi ad alta incidenza. Spesso, la malattia si sviluppa e diffonde in Italia a causa delle condizioni drammatiche in cui si trovano. La tubercolosi circola però anche tra gli italiani e quindi è molto importante cercare di sensibilizzare la popolazione al fine di una pronta diagnosi in tutti e un’efficace prevenzione”, spiega la Dott.ssa Daniela Maria Cirillo, Capo Unità dell’Unità Patogeni Batterici Emergenti, Ospedale San Raffaele di Milano.
Riguardo alla situazione italiana, si è espressa anche Monica Sane Schepisi, Dirigente Medico della Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute. “L’Italia è definita dall’OMS un Paese a ‘bassa endemia’ per la tubercolosi, con 2.439 casi notificati nel 2022, pari a un tasso di 4,1 per 100.000 abitanti. La maggior parte dei casi riguarda la TBC polmonare (69%). I nati all’estero mostrano percentuali superiori rispetto ai nati in Italia. Miriamo a raggiungere gli obiettivi della strategia ‘End TB’ con la fase di pre-eliminazione (meno di 10 casi per milione entro il 2035) e l’eliminazione (meno di 1 caso per milione entro il 2050). Gli sforzi includono il miglioramento delle cure, della gestione dei casi e dell’accesso ai servizi sanitari per tutta la popolazione, con un’attenzione particolare alla prevenzione e al controllo, anche in collaborazione con enti pubblici e del terzo settore”.
Tubercolosi 2024: un’agenda per la prevenzione e il trattamento
Secondo i dati più recenti, aggiornati al 31 agosto 2024, e raccolti dal sistema di sorveglianza delle malattie infettive della Regione Lombardia, nel 2023 si sono registrati 533 casi di tubercolosi attiva, mentre al 31 agosto 2024 i casi erano 281. Sebbene il numero di casi attivi sembri relativamente contenuto, il vero problema riguarda le infezioni latenti non diagnosticate, che rappresentano una fonte potenziale di riattivazione della malattia. Lo screening e il trattamento dei soggetti con infezione latente sono fondamentali nei paesi a bassa incidenza, come l’Italia, per raggiungere l’eradicazione della tubercolosi, in linea con la strategia del WHO.
Questi temi sono stati discussi a Milano lo scorso 24 settembre durante l’incontro “Tubercolosi 2024: un’agenda per la prevenzione e il trattamento”, secondo evento dedicato alla tubercolosi nell’ambito della campagna “Diagnostica e Prevenzione: medicina, istituzioni, impresa, insieme per la salute dei cittadini”. L’iniziativa, promossa in partnership da AMCLI ETS, Cittadinanzattiva, Federchimica Assobiotec e Diasorin, mira a informare e sensibilizzare la popolazione sui rischi infettivologici che hanno un impatto significativo sulla salute.
Questo incontro è servito a valutare la situazione attuale e a delineare possibili strategie e azioni da intraprendere per controllare la malattia a livello nazionale e locale, con l’obiettivo di migliorare la risposta e l’efficacia delle misure sanitarie adottate. Tra i temi di discussione ci sono stati lo sviluppo di nuove strategie per la diagnosi, la gestione sul campo e progetti dedicati alle popolazioni fragili.
L’iniziativa è parte della campagna “Diagnostica e Prevenzione: medicina, istituzioni, impresa, insieme per la salute dei cittadini”, ideata in partnership da AMCLI ETS (Associazione Microbiologi Clinici Italiani), Cittadinanzattiva, Federchimica Assobiotec e Diasorin, con l’obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini su problematiche di carattere infettivologico, che causano gravi effetti sulla salute.
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