Suicidio medicalmente assistito: la legge regionale in Toscana

Con 27 voti a favore e 13 contrari, la Toscana approva la legge che stabilisce tempi (massimo 20 giorni), procedure e assistenza sanitaria per il suicidio medicalmente assistito. Oltre 10.000 firme per l’iniziativa popolare, che prevede commissioni mediche nelle Asl e la gratuità delle prestazioni, mentre resta aperto il dibattito
suicidio medicalmente assistito

Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato la proposta di legge di iniziativa popolare che disciplina tempi e procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. E’ il primo caso in Italia. Il provvedimento è stato sostenuto da oltre 10mila firme e promosso dall’Associazione Luca Coscioni. Esso nasce per dare applicazione alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale. Tale sentenza ha individuato i criteri per l’accesso alla pratica in assenza di una normativa nazionale specifica

Una regolamentazione in assenza di una legge nazionale

L’iniziativa legislativa toscana ha visto 27 voti a favore, 13 contrari e nessun astenuto. Tale iniziativa si inserisce in un contesto di incertezza normativa, con il Parlamento che, nonostante i richiami della Consulta, non ha ancora disciplinato la materia. La legge regionale stabilisce criteri e procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito e garantisce che il processo avvenga in modo regolamentato e omogeneo all’interno del sistema sanitario toscano.

 “Oggi dalla Toscana arriva un forte messaggio di civiltà“, ha dichiarato il presidente Eugenio Giani.

I criteri di accesso e il ruolo della Sanità pubblica

Il testo della legge prevede che possano accedere alla procedura pazienti con patologia irreversibile, affetti da sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, dipendenti da trattamenti di sostegno vitale e in grado di esprimere una volontà libera e consapevole. La richiesta verrà esaminata da un’équipe sanitaria che dovrà pronunciarsi entro 20 giorni. La norma assicura inoltre la gratuità delle prestazioni sanitarie e riconosce la possibilità di obiezione di coscienza per il personale medico e infermieristico.

Non si tratta di una scelta imposta, ma di garantire a chi lo desidera un percorso regolato e rispettoso”, ha sottolineato la consigliera Cristina Giachi.

“Decidere se arrivare prima del tempo alla morte volontariamente non è mai facile. Ed è ancora più assurdo che per farlo una persona debba lottare non solo con la sofferenza e la malattia, ma anche con la burocrazia. Io credo che questa sia un’ulteriore sofferenza.” ha proseguito.

Un dibattito articolato tra posizioni etiche e istituzionali

Il confronto in aula ha messo in evidenza una pluralità di posizioni. Da un lato, i favorevoli alla norma hanno sottolineato la necessità di garantire il diritto all’autodeterminazione e di colmare un vuoto normativo che costringe i pazienti a percorsi incerti e spesso estenuanti.
Dall’altro, alcuni consiglieri hanno espresso preoccupazione per il rischio di una frammentazione legislativa tra le diverse Regioni, sottolineando la necessità di un intervento del Parlamento su una materia così delicata.

Vedere una persona cara che soffre credo sia una delle cose più terribili che qualcuno possa provare”, ha dichiarato la consigliera Silvia Noferi (M5S).

Al contrario, Marco Casucci (Lega) ha affermato: “Ritengo che la vita abbia un valore assoluto e che come tale debba essere protetta con fermezza. Il nostro dovere morale, in quanto società e come istituzioni, è quello di tutelare questo dono prezioso. Non basta proteggerlo con politiche, ma è necessario anche adottare interventi concreti. Riteniamo una deriva quella in cui il suicidio assistito viene proposto come soluzione al dolore. In realtà, tale scelta rappresenta la sconfitta della nostra società, che abdica al dovere morale di proteggere i più fragili e vulnerabili. Coloro che nel loro stato di malattia di disperazione meritano, più che trovare la morte, un’assistenza umana, medica e spirituale”. 

Se per i sostenitori la legge rappresenta un atto di civiltà e un passo avanti nel riconoscimento dei diritti individuali, per i contrari il provvedimento solleva interrogativi etici e giuridici, con il timore che possa favorire un approccio individualista alla gestione della sofferenza e del fine vita.

Alcuni consiglieri hanno posto l’accento sul rischio che il suicidio medicalmente assistito venga considerato una soluzione al dolore, mentre altri hanno ribadito la centralità delle cure palliative come alternativa prioritaria.

La Toscana come modello per altre Regioni?

L’approvazione della legge toscana potrebbe rappresentare un precedente per altre Regioni, in attesa di una normativa nazionale. Il presidente Giani ha evidenziato come il provvedimento si ponga nel solco della giurisprudenza costituzionale. Senza introdurre nuovi diritti ma regolamentando un percorso già tracciato dalla Corte Costituzionale.

L’auspicio di molti consiglieri è che questo passo possa stimolare un dibattito più ampio a livello nazionale, affinché il tema venga affrontato in modo uniforme su tutto il territorio italiano.

Il tema del fine vita resta, dunque, aperto, con una tensione tra la necessità di regolamentazione e le sensibilità etiche e culturali in gioco. La legge toscana si propone come un tentativo di garantire un percorso chiaro e strutturato, in attesa di una risposta definitiva a livello statale.

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