Cos’è il payback sui dispositivi medici
Il payback sui dispositivi medici è un meccanismo finalizzato a contenere la spesa sanitaria pubblica. In base al provvedimento, le aziende che forniscono dispositivi medici al Servizio Sanitario Nazionale devono contribuire, in proporzione, al ripiano degli sforamenti dei tetti di spesa regionali.
Sebbene il payback sia stato formalmente introdotto nel 2015, è rimasto sostanzialmente inattuato fino a quando sono stati stabiliti i tetti di spesa dalle Regioni e sono stati richiesti, retroattivamente, i pagamenti alle aziende. La questione ha sollevato diverse problematiche, sia in termini di applicazione che di impatto sul sistema sanitario, specialmente per le aziende che forniscono dispositivi medici.
L’opposizione del settore e il ricorso in Corte costituzionale
Il Tribunale Amministrativo del Lazio, il 24 novembre 2023, aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale in merito al payback. La Corte costituzionale, con la sentenza del 22 luglio 2024, ha, però, confermato la costituzionalità del provvedimento.
Infatti, secondo la Corte, il meccanismo del payback sui dispositivi medici “presenta diverse criticità, ma non risulta irragionevole in riferimento all’articolo 41 della Costituzione”, quanto al periodo 2015-2018.
Il nuovo ricorso e l’udienza del 25 febbraio
Il nuovo ricorso al Tar da parte delle aziende e categorie del MedTech argomenta che la norma viola la normativa europea in materia di appalti pubblici ed è illegittima perché ha fissato nel 2019 dei tetti di spesa sulle annualità 2015-2018 in ritardo e con effetti retroattivi.
Il commento di Confcommercio
Sveva Belviso, presidente della Fifo (Federazione Italiana Fornitori Ospedalieri) Sanità Confcommercio, ha sottolineato la speranza che la Giustizia amministrativa possa porre rimedio a “gravi mancanze da parte delle istituzioni”, che non sono riuscite a fronteggiare quella che è ormai considerata un’emergenza nazionale. “Nel frattempo, mentre il Governo continua a procrastinare, un settore strategico per la sanità italiana è vicino al collasso“, ha aggiunto Belviso, evidenziando il rischio che il sistema sanitario nazionale subisca danni irreparabili se non si interviene con urgenza.
Concludendo, l’esponente Fifo ha chiesto al Tar di adottare una decisione che tuteli l’interesse collettivo e ponga fine a una normativa che, a suo dire, minaccia seriamente l’intero sistema di approvvigionamento dei dispositivi medici in Italia.
L’appello delle 7 associazioni
In occasione dell’udienza del 25 febbraio 2025, Aforp, Confapi salute università ricerca, Confimi Industria Sanità, Confindustria dispositivi medici, Conflavoro PMI Sanità, Coordinamento filiera e Fifo Confcommercio hanno rilasciato un comunicato condiviso in cui dichiarano la loro contrarietà al meccanismo del payback per i dispositivi medici.
“Le oltre 1.800 imprese dei dispositivi medici che hanno fatto ricorso per il payback 2015-2018, dopo la sentenza della Corte costituzionale, ricorrono nuovamente al TAR” si legge nella nota.
Questa è l’ultima vera occasione – hanno dichiarato le 7 sigle di rappresentanza - per bloccare un meccanismo assurdo che farà morire un comparto fatto di innovazione, ricerca e sviluppo di prodotti che salvano e migliorano la qualità della vita degli italiani. Se le piccole e media imprese saranno costrette a chiudere o ridurre drasticamente le attività, le grandi imprese saranno costrette a ritirare i propri investimenti in Italia e a spostarli in altri paesi più attrattivi con un impoverimento della ricchezza, dell’occupazione e del Pil del nostro territorio.
Tutte le imprese, già vessate dalla tassa dello 0,75% sul fatturato, dai costi esorbitanti dell’energia e dall’incubo dazi Usa, con l’ulteriore peso del payback potranno non riuscire a garantire le forniture di dispositivi medici agli ospedali con danni irreparabili per la Sanità, i cittadini e gli operatori sanitari”.