“One Health non è concetto nuovo, ma ha nuova forza. E i DG – dice la Direttrice Generale della AUSL Ferrara Monica Calamai – possono essere parte della soluzione”.
“La salute umana è il prodotto di un equilibrio: alimentazione, inquinamento, salute animale, pianificazione urbana, reti e inclusione sociale. Tutto questo contribuisce al benessere psichico e fisico della persona. Il concetto di One Health, di una salute globale e interconnessa, non è originale. Ma la complessità che abbiamo affrontato nella pandemia e una crescente consapevolezza, possono infondergli nuova forza e attualità”.
Il COVID-19 ci ha insegnato la centralità della prevenzione primaria, la relazione tra salute e benessere psicofisico e il prezzo pagato per il collasso dei servizi territoriali
“La sanità italiana affronta un problema ineludibile: quello delle criticità. Ma abbiamo anche strumenti forti: dati ed evidenze scientifiche non confutabili su quello che fa male e su quello che fa bene. Ci rimane da affrontare l’ipocrisia: qualcosa che c’è sempre stato, ma che, se vogliamo governare in modo sostenibile il percorso di salute di una popolazione che invecchia, non possiamo più permetterci”.
Verità vincolanti: il coraggio di unire la società
“Il sistema sanitario ha bisogno delle altre componenti della società per creare salute. Non può più farcela da solo. Quello che sappiamo deve diventare vincolante: la guida per un’azione concorde e comune che unisca politica, industria, produttori alimentari, allevatori e agricoltori solo per citare alcune categorie. È evidente, però, che questa ‘alleanza’ non è spontanea perché esistono forti interessi consolidati e posizioni di privilegio, nonché l’inerzia insita in ogni sistema. Dobbiamo creare dialogo senza tabù. È provato oltre ogni ombra di dubbi, per esempio, che l’alcool e i cibi altamente processati siano cancerogeni.Non si tratta di colpevolizzare i produttori, ma di confrontarsi con loro a partire dalla verità. I Direttori Generali non possono guidare questo processo, ma le loro doti di relazione manageriale possono contribuirvi”.
Affrontare l’inerzia e il privilegio nella sanità: dall’architettura al gender gap
“Se la sanità chiede un atto di coraggio, deve essere pronta a compierlo per prima. Abbiamo bisogno che le verità diventino vincolanti anche nel nostro ambito. A partire dagli edifici: la maggior parte sono completamente inadeguati ove non pericolosi per la sicurezza delle cure; vanno abbandonati a prescindere dal costo ‘politico’ sul breve periodo. Il sistema di potere maschile rimane un altro grande bastione di diseguaglianza. Se pensiamo che tre sole donne sono state proposte come Commissari Europei di 28 Paesi, capiamo che la strada per la parità di trattamento tra uomini e donne – quell’eliminazione del gender gap che è il 5° obiettivo dell’Agenda 2030 – è ancora lunga. Ancora una volta i dati sono la base dalla quale partire: il bilancio di genere nelle Asl e le campagne per promuovere la denuncia di violenze e intimidazioni, anche tra colleghi, regolarmente, rivelano il grande sommerso di discriminazione che ci portiamo dietro”.
Concepire salute e benessere come inseparabili
“In una sanità dove il 65% dei professionisti è donna – e non illudiamoci che sia una conquista, è solo l’esempio di quanto questo ambito sia divenuto meno appetibile – il superamento del gender gap è strettamente interconnesso alla sicurezza, all’efficienza e alla felicità del lavoro: un altro ambito nel quale benessere e salute sono interconnessi. Questa intuizione deve guidare ogni azione di governance, dalla pianificazione delle grandi città al welfare circolare nei piccoli paesi. Ad ogni livello non possiamo più concentrarci sui sintomi di malattie e malessere: la salute socio-sanitaria deve puntare alla prevenzione delle cause creando percorsi che portino salute in ogni aspetto della vita delle persone. Come mangiamo, come ci spostiamo, come lavoriamo, come passiamo il tempo libero?”
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