Occhi senza volti: 1. Dal passato al presente

Roberto Perilli, Responsabile Unità Operativa Semplice Oculistica Territoriale ASL Pescara, firma uno speciale sull'Oculistica in Italia in 7 articoli.
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L’Oculistica si è giovata, in tempi recenti, delle innovazioni tecnologiche applicate alla diagnostica strumentale ed alla chirurgia.

Per gli interventi sulla cataratta, che vengono attuati su oltre 600.000 pazienti ogni anno, si è passati, in pochi decenni, dall’esecuzione in regime di ricovero (di 5-7 giorni, con esami preoperatori che prevedevano anche la radiografia del torace) ed in anestesia generale, con successivo bendaggio per giorni, all’attuale regime ambulatoriale, con anestesia topica (instillazione di collirio prima dell’intervento), dimissione dopo poche ore con la possibilità di una coppetta forata (che permette la visione, e che almeno in casa si può rimuovere il giorno dopo), e due o tre controlli programmati. L’altra grande novità è che, se pochi decenni fa (e tuttora in Paesi del Terzo Mondo) il cristallino opaco veniva sostituito con… spesse lenti da occhiale, oggi i cristallini artificiali, inseriti nell’alloggiamento di quello naturale estratto, possono essere anche multifocali, ovvero permettere una visione contestuale per lontano e vicino.  

Ad ottenere questo piccolo miracolo logistico, affiancato da un ampliamento dei margini di sicurezza, è stata sì l’innovazione tecnologica, ma forse soprattutto un cambio di mentalità legato alla capacità sfidante di chi ha voluto coraggiosamente cavalcare il cambiamento (già in atto in altri Paesi), stravolgendo un’organizzazione stabile. L’iniziativa privata è stata leader del cambiamento. 

paziente
Roberto Perilli

Un esempio

L’esempio della chirurgia della cataratta è certamente illuminante quanto all’evoluzione metodologica ed all’apertura mentale. È stato seguìto certamente da altre innovazioni rimarchevoli nel resto della chirurgia oculare e della diagnostica strumentale, ma fondamentalmente il rapporto tra specialista e paziente è ancora diretto ed unico. Nella chirurgia è normale che sia così, almeno fino all’avvento, ancora di là da venire, della chirurgia robotica comandata a distanza, e la condivisione dell’atto può avere uno scopo didattico-divulgativo. Ma nella diagnostica strumentale si potrebbe costruire il regno della condivisione delle informazioni, ciò che in era analogica sarebbe stato soltanto un sogno, o una realtà limitata a convegni e letteratura scientifica. 

Un passo in avanti?

È il momento giusto per passare da una Medicina esclusiva, con uno o pochi stakeholders, ad una inclusiva, con un aumento senza limiti degli stessi. Da una Medicina dove si riesce a guardare in viso il paziente ad una dove le informazioni possono essere scorporate, ed il viso e la voce del paziente essere relegate ad un collegamento. Il principio de “il mio paziente” si va plasmando verso una realtà più interattiva ed inclusiva, sempre entro i guard-rail della privacy. 

In Oculistica, nel nostro Paese i primi – e, sostanzialmente, finora unici – passi in direzione di tale rivoluzione si sono battuti sul campo della cartella digitale: l’idea del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) ha contagiato ditte e singoli che, con una eterogeneità quasi da manuale, hanno sviluppato ciascuna/o un modello di refertazione, più o meno condivisa, e con repository  diversissime: cloud, rete aziendale, archivio regionale, a volte il semplice hard-disk del computer e altri. Ne consegue che molti di questi database sono difficilmente utilizzabili per grandi studi epidemiologici e, soprattutto, per una ampia governance clinica che voglia tenere in considerazione i fattori patogeni locali, genetici e/o ambientali, ed i loro riflessi su gruppi di popolazione. 

Inoltre, se si esce dalla visione miope della patologia specialistica, si nota che molti passi debbono essere compiuti verso una omogeneizzazione del linguaggio e una fluida e protetta circolazione di informazioni tra i vari stakeholders. Un esempio classico ne sono i software dei Medici di Medicina Generale (MMG), che differiscono spesso tra di loro e, soprattutto, raramente sono interfacciabili con software specialistici. 

Il paziente

Ne consegue che l’intramontabile scena del paziente che deve portare in visione al MMG/specialista il referto di un altro collega è destinata a ripetersi, fino a quando il FSE (o analogo) non diventerà una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale, che parli lo stesso linguaggio, e per la quale il formato .pdf sia solo un meccanismo secondario di gestione del dato, in quanto soggetto ad una sostanziale impenetrabilità del contenuto quanto a ricerche trasversali, intra- ed inter-paziente. 

Leggi anche Occhi senza volti: 2. Cosa sta cambiando in oculistica

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di Roberto Perilli

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