MPOX: è tutto italiano lo studio di casistica su eBioMedicine

Dal coordinamento di Spallanzani e San Raffaele lo studio multicentrico più importante in Italia che documenta l'associazione tra carica virale elevata e maggiore gravità di malattia.
Mpox

L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS di Roma e l’IRCCS Ospedale San Raffaele – Università Vita – Salute San Raffaele di Milano hanno coordinato lo studio multicentrico “Clinical and laboratory predictors of mpox severity and duration: an Italian multicentre cohort study (mpox-Icona)”, appena pubblicato sulla rivista eBioMedicine del Gruppo Lancet. Si tratta del più importante studio di casistica su Mpox mai apparso in Italia, nonché uno dei più numerosi al mondo, avendo osservato ben 541 pazienti su un totale di 1.056 casi segnalati ad oggi in Italia.

Il lavoro, condotto in 15 centri di Malattie Infettive italiani afferenti al Network Icona, comprende casi di Mpox dovuti al Clade IIb del 2022-2023 ed è stato finalizzato allo studio dei fattori associati a una maggiore gravità e a una più lunga durata della malattia.

Come spiegato da una delle due prime autrici dello studio, la dr.ssa Valentina Mazzotta dell’UOC Immunodeficienze virali dell’INMI Spallanzani, “Il risultato principale è che una carica virale del virus Mpox più elevata nel tampone faringeo è risultata associata a un decorso più grave. Altri fattori associati a una maggiore gravità sono l’etnia caucasica, un esordio con febbre, la presenza di interessamento del cavo orale, di lesioni intorno all’ano e di una linfoadenopatia. 

Mpox ha una durata più prolungata in caso di localizzazione ano-rettale, oro-faringea, in caso di eruzione cutanea estesa e nelle persone con HIV con grave immunodeficienza”.

“L’associazione tra carica virale elevata e maggiore gravità di malattia – afferma il dr. Andrea Antinori, Direttore del Dipartimento clinico dell’INMI Spallanzani e uno dei due autori senior del lavoro – è la prima documentata in letteratura e dimostra che un virus altamente replicante impatta in modo significativo sulla morbilità di Mpox.

Questi risultati, pur essendo stati dimostrati sul Clade virale IIb e non sul Clade Ib che sta causando l’epidemia attuale in Africa centrale, possono essere trasferibili anche al contesto della nuova variante emergente di virus Mpox e suggeriscono che il controllo della replicazione virale, come avviene nella persona vaccinata in cui si stimola una potente risposta immunitaria antivirale, può, oltre che avere un valore protettivo dall’infezione, anche proteggere dalla malattia grave”.

“La pubblicazione di questi dati è una testimonianza concreta della presenza di centri di eccellenza sul territorio italiano che hanno saputo gestire il focolaio epidemico del 2022 in modo efficace e culturalmente produttivo all’interno del network solido della fondazione Icona”, conclude la professoressa Antonella Castagna, primario di Malattie Infettive all’IRCCS Ospedale San Raffaele e direttore della scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali all’Università Vita‐Salute San Raffaele.

Allo studio hanno partecipato: Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS di Roma; IRCCS Ospedale San Raffaele, Università Vita e Salute di Milano; Dipartimento di medicina Università di Udine; ASST Fatebenefratelli Sacco, Ospedale Luigi Sacco di Milano; ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano; AORN Ospedali dei Colli di Napoli; ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Università di Milano-Bicocca di Monza; IRCCS Policlinico San Martino, Università di Genova; Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Paolo Giaccone di Palermo; Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; Fondazione ICONA di Milano.

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di Sara Claro

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