“Si dice che l’aspettativa di vita sia in continua crescita: di fatto oggi ci aspettiamo di vivere fino intorno agli 85 anni. L’aspettativa di vita in salute, però, non raggiunge i 60 anni nei paesi occidentali, incluso l’Italia. Questo vuol dire che ognuno di noi deve considerare la possibilità, alta, che 20 anni della propria vita li debba passare affetto da patologie non trasmissibili e croniche, per cui non esistono né cure efficaci né un sistema sanitario capace nella gestione sia dell’individuo che del contesto sociale della malattia”.
Il quadro della situazione odierna in Italia, delineata dal Professor Giovanni Scapagnini, Professore di Nutrizione Clinica dell’Università del Molise e Vicepresidente SINUT, mette in evidenza delle mancanze.
Il Servizio Sanitario Nazionale è provato, e una previsione di questo tipo, molto probabile, lo metterebbe ancora più a rischio. Quali le soluzioni?
“Bisogna lavorare sulla prevenzione primaria, che significa sdoganare il concetto del buon senso. La prevenzione primaria non è semplicemente intercettare le malattie prima che avvengano, ma sfruttare scienza e tecnologia e applicarle nella nostra vita quotidiana, in modo da supportare la salute e portare il nostro invecchiamento in maniera proattiva verso un invecchiamento senza malattie”.
Serve la prevenzione primaria perché il “buon senso” che si cerca di stimolare nell’individuo non basta più, perché è necessaria un’azione mirata e organizzata che sia più incisiva.
“Il Servizio sanitario investe sempre meno in prevenzione. Gli screening, la mammografia, la colonscopia, sono tutte strategie utili a intercettare problematiche che se individuate per tempo possono evitare l’insorgenza della malattia, che è molto più grave sia per l’individuo che per la collettività”.
Ma, prosegue il Professore, “il problema risiede molto più indietro”. Sì, perché prima ci si prepara, con la prevenzione, prima la salute di ogni cittadino verrebbe tutelata. Per questo bisogna partire dalle scuole: “La parola prevenzione contiene in sé qualcosa di triste e che la gente vuole evitare. Non si è mai creato una promozione realmente proattiva rispetto a quello che è la gestione della salute. Dobbiamo rivoluzionare questo concetto, trasferire nella scuola primaria la prevenzione primaria, e non limitarla a quando si è già ormai affetti dalle malattie”.
Solo in questo modo si può attuare una rivoluzione, oltre che sanitaria, culturale.
“L’idea che la prevenzione debba iniziare dalle scuole non è uno slogan. E un piano di azione più economico e che si basa molto sulla cultura, ma con degli effetti strepitosi”.