L’analisi del network Italian GBD Initiative ha evidenziato un costante miglioramento della salute della popolazione fino al 2019. La pandemia di Covid-19 ha interrotto questa tendenza, determinando una riduzione dell’aspettativa di vita e un aumento del carico di malattia, sia in termini di mortalità che di morbilità.
Prima della pandemia
In particolare, negli anni precedenti la pandemia, l’aspettativa di vita alla nascita in Italia è cresciuta progressivamente, passando da 79,6 a 83,4 anni tra il 2000 e il 2019. Con la pandemia, si è registrato un calo fino a 82,2 anni nel 2020, seguìto da un parziale recupero nel 2021, con un valore di 82,7 anni. Un andamento simile è stato osservato per l’aspettativa di vita in salute, che ha raggiunto 70,9 anni nel 2021, evidenziando la sfida crescente di garantire un invecchiamento di qualità.
Tra il 2000 e il 2019 gli anni di vita persi a causa di morte prematura sono diminuiti, soprattutto grazie ai progressi nel trattamento delle malattie cardiovascolari e oncologiche. Tuttavia, nel 2020, l’emergenza Covid-19 ha invertito questa tendenza, determinando un aumento rilevante degli anni di vita persi, seguito da una lieve riduzione nel 2021, ma senza un effettivo ritorno ai livelli pre-pandemia.
Un altro dato di rilievo è il drastico incremento della mortalità da Alzheimer, che dal 2000 è aumentato di oltre il 50%, un fenomeno legato principalmente all’invecchiamento della popolazione.
Vita con disabilità
Al contempo, il numero di anni vissuti con disabilità ha continuato ad aumentare, con un impatto rilevante delle malattie croniche come il diabete e di quelle mentali. Prima della pandemia, si osservava una lieve riduzione della disabilità legata ai disturbi depressivi e un aumento di quella per i disturbi di ansia, ma tra il 2019 e il 2021 gli anni di vita vissuti con disabilità dovuti sia ad ansia che depressione sono aumentati fino al 20%, mettendo in luce il forte impatto psicologico del Covid.
Nelle regioni: le differenze
Soffermandosi, poi, sulla salute e la cura nelle diverse regioni d’Italia, lo studio ha confermato l’esistenza di importanti differenze di salute tra le diverse aree del Paese. Nonostante le regioni settentrionali siano caratterizzate da una popolazione più anziana rispetto al Sud e alle Isole, infatti, continuano a mostrare un’aspettativa di vita più elevata e un migliore stato di salute generale.
Questo suggerisce che la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari giocano un ruolo cruciale nel determinare gli esiti di salute della popolazione.
Dall’analisi delle stime, emerge come il Sud si confronti con un sistema sanitario più fragile con una minore capacità di risposta ai bisogni della popolazione. Inoltre, nel Nord Italia, molte famiglie cercano di sopperire alle carenze del Servizio Sanitario Nazionale ricorrendo a spese private, mentre nel Sud e nelle Isole questo avviene meno, aumentando il rischio di un accesso insufficiente alle cure essenziali.
Gli autori dello studio
«Questi risultati – afferma Giulia Zamagni, autrice dello studio – dimostrano che l’Italia vanta un’aspettativa di vita elevata, ma vivere a lungo non significa necessariamente vivere bene. La principale sfida per il nostro Paese è ridurre le disuguaglianze sanitarie tra le diverse aree, garantendo a tutti un invecchiamento sano e di qualità».
Da parte sua, Lorenzo Monasta, autore dello studio e coordinatore nazionale della Italian GBD Initiative, sottolinea: «Il burden dovuto all’invecchiamento della popolazione grava certamente in modo più rilevante su alcune regioni del Nord come la Liguria e il Friuli-Venezia Giulia. Tuttavia, l’analisi del carico di malattia mostra come sulle regioni del Sud e Isole ci sia un carico maggiore sull’intera popolazione che, pur essendo più giovane, è più esposta a fattori di rischio comportamentali e a una maggiore difficoltà di accesso ai servizi».