Il vaccino per il papilloma virus (HPV) ha ridotto del 66% i tumori benigni. Ma non basta. 

A rischio sia uomini che donne. La copertura vaccinale è sotto il 40% mentre, dal 2003, sono aumentate le malattie sessualmente trasmesse e l’informazione tra gli adolescenti è poca e confusa. “Vaccinarsi può diventare la prima scelta consapevole dei giovani adulti”.
vaccino hpv
Barbara Suligoi

Quella da papilloma virus è l’infezione a trasmissione sessuale più diffusa al mondo: oltre il 70% degli individui sessualmente attivi ha contratto una delle tante varianti in circolazione. La maggior parte dei virus è innocua, e la maggior parte delle infezioni si risolve senza conseguenze. Ma un piccolo numero di papilloma virus causa tumori benigni, come i condilomi, o maligni – cervice uterina, pene, zona anale, testa, collo – e lo fa in una porzione di uomini e donne infetti (circa il 10%) il cui sistema immunitario non riesce a scacciare il virus completamente.

“Da questo quadro emergono 2 punti chiari – spiega la dottoressa Barbara Suligoi, Direttore del Centro Operativo AIDS, DMI, Istituto Superiore di Sanità-. Primo: dato il bacino di diffusione, il vaccino per l’HPV è una forma essenziale di prevenzione dei tumori – in particolare per gli adolescenti che sono più soggetti ad essere alle malattie sessualmente trasmesse perché i loro tessuti a livello genitale sono immaturi e più facili da infettare. Secondo: il successo della prevenzione HPV non può prescindere da una globale campagna di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, in aumento costante (pandemia esclusa) dal 2003”.

L’impatto del vaccino HPV: -66% tumori benigni

“La prima campagna di vaccinazione gratuita per l’HPV è partita, per le ragazze, nel 2008, ed è, ora, estesa a maschi e femmine tra gli 11 e i 15 anni con possibilità di effettuare il vaccino fino ai 18 anni per gli uomini e ai 26 per le donne. Conseguentemente, dal 2014 al 2022, la percentuale di condilomi, ovvero di tumori benigni, è diminuita del 66% nella fascia d’età dei vaccinati. Non c’è dubbio che il vaccino funzioni. È ragionevole aspettarsi una riduzione equivalente nei tumori maligni, ma potremo dirlo solo tra circa 15 anni quando le classi di età dei vaccinati entreranno nell’età in cui queste patologie si manifestano (tra i 30 e 50 anni).

Perché questo successo non basta: diagnosi precoce e bassa copertura vaccinale

“In primo luogo bisogna pensare alle persone che non sono rientrate nello scudo vaccinale: per loro devono continuare le campagne di screening come il pap test. La diagnosi precoce ha permesso di ottenere, negli ultimi anni, un lento ma stabile declino dei carcinomi e dei loro effetti.

“In secondo luogo, la copertura vaccinale non è sufficiente: solo il 40% dei chiamati si vaccina, ben al di sotto della soglia ottimale del 95%”.

“Significa che l’HPV non è percepito come un rischio grave, e ciò fa parte di un fenomeno crescente e allarmante di sottostima delle malattie sessualmente trasmesse”.

L’aumento delle malattie sessualmente trasmesse 

“Il primo effetto di questa ridotta sensibilità è la decrescita nell’uso dei preservativi. Il secondo è l’aumento delle malattie che crescono stabilmente dal 2003 (con la breve pausa della pandemia)”.

Ancora una volta, le nuove generazioni sono quelle più a rischio.

Le ragioni sono molteplici

  • In parte si è esaurita la grande paura dell’AIDS/HIV che ha accompagnato le generazioni precedenti. 
  • In secondo luogo le app di dating online favoriscono l’incontro con persone delle quali si ignora completamente lo stato di salute o le abitudini.
  • Terzo, il consumo di alcool e droghe fa abbassare di molto la guardia, favorendo i rapporti non protetti. 

Cosa sanno gli adolescenti delle malattie sessualmente trasmesse

In un recente studio in fase di preprint e co-autorato dalla dottoressa Suligoi, emerge come ragazze e ragazzi delle medie inferiori e superiori abbiano “poche informazioni e confuse. Molti, in particolari, non sanno che i tumori da HPV colpiscono anche i maschi o pensano che il sesso orale sia sicuro. Dal punto di vista delle malattie sessualmente trasmesse non lo è.  Forte è, invece, la relazione reciproca tra le malattie sessualmente trasmesse: la presenza di una rende molto più probabile ammalarsi anche di altre. In parte, ciò è dovuto al fatto che i comportamenti a rischio sono gli stessi; in parte perché gli effetti di alcune malattie, come le ulcere sui genitali, favoriscono l’infezione di altri virus e patogeni”.

Cosa si può fare: la comunicazione per il vaccino HPV

“Per aumentare l’adesione alla campagna di screening e di vaccini, e per ridurre in generale le malattie sessualmente trasmesse, è necessario continuare a comunicare a tutti gli stakeholder: studenti, famiglie, medici e pediatri, scuola e sanità pubblica. L’aiuto della scuola sarebbe particolarmente importante: quella di vaccinarsi può diventare la prima scelta fatta in autonomia da un giovane adulto”.

VADEMECUM DI PREVENZIONE DELLE INFEZIONI SESSUALMENTE TRASMESSE (IST)

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