HIV e donne: prevenzione, diagnosi e cura al centro della Giornata mondiale contro l’AIDS

La Giornata mondiale contro l’AIDS, celebrata ogni anno il 1° dicembre dal 1988, è la prima giornata mondiale della salute istituita dall’ONU e una delle principali occasioni per sensibilizzare sul problema dell’HIV e delle sue conseguenze.
hiv e donne

Nel mondo, si stima che 38,4 milioni di persone vivano con l’infezione da HIV. La maggior parte, 36,7 milioni, sono adulti, mentre 1,7 milioni sono bambini di età inferiore ai 15 anni. Allarmante è il fatto che circa 5,9 milioni di persone non siano consapevoli di essere sieropositive.

Le donne, che rappresentano il 54% dei casi, costituiscono però solo il 30% delle diagnosi. La Presidente della FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica), Silvia Vaccari, sottolinea: “La diagnosi tra le donne è spesso tardiva, impedendo un accesso tempestivo alle cure che migliorerebbero la qualità della vita”.

Le donne risultano particolarmente vulnerabili all’infezione da HIV a causa di fattori biologici, sociali e culturali. Come spiega Vaccari: “La conformazione degli organi genitali femminili le rende più esposte. Molto spesso contraggono il virus in contesti di relazioni stabili o matrimoniali, esitano a richiedere l’uso del preservativo per timore del giudizio del partner”.

Per una donna in età fertile, il rischio di infezione da HIV può avere implicazioni rilevanti in gravidanza, come il rischio di trasmissione al feto. “Se una donna incinta contrae l’HIV nelle prime settimane di gestazione – spiega Vaccari – il rischio di aborto spontaneo può triplicare. Se l’infezione avviene in una fase avanzata della gravidanza, il rischio è di parto pretermine”.

Anche quando questi rischi vengono evitati, possono insorgere complicazioni come ritardi nella crescita, microcefalia o anomalie congenite, quali ipertelorismo (caratterizzato da bozze frontali prominenti, naso insellato e altre alterazioni morfologiche).

Secondo il Sistema Nazionale per le Linee Guida e il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, alle donne che non hanno seguito alcuna terapia antiretrovirale durante la gravidanza, o che presentano una carica virale superiore a 50 copie/ml, è consigliato un parto cesareo programmato intorno alla 38ª settimana per prevenire complicazioni. Al contrario, un parto vaginale è possibile se la terapia antiretrovirale è stata seguita con successo e la carica virale è inferiore a 50 copie/ml.

La terapia antiretrovirale ha rivoluzionato anche le possibilità di allattamento al seno per le donne affette da HIV. “Grazie ai trattamenti, il rischio di trasmissione del virus durante l’allattamento può essere ridotto a zero. Tuttavia, molte donne affette da HIV non sono consapevoli di queste opportunità. Per questo è fondamentale informarle. Le ostetriche e gli ostetrici, professionisti formati, svolgono un ruolo cruciale nell’intercettare i casi sommersi, incoraggiando le donne a sottoporsi al test dell’HIV, anche in assenza di sintomi evidenti. Meglio un risultato negativo in più che una diagnosi tardiva e positiva”, conclude Vaccari.

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