Defibrillatori automatici esterni: molti dispositivi sono inaccessibili

Oltre il 70% dei Defibrillatori automatici esterni sono inaccessibili nelle emergenze, mentre 60mila persone all'anno soffrono di arresto cardiaco
Defibrillatori automatici esterni

Negli ultimi anni, la presenza di defibrillatori automatici esterni (Dae) sul territorio italiano è cresciuta in modo significativo, rappresentando un importante passo avanti nella gestione delle emergenze cardiache. Tuttavia, uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Resuscitation Journal e condotto dall’Italian Resuscitation Council (Irc) ha evidenziato una criticità rilevante: oltre il 70% di questi dispositivi si trova in edifici pubblici, uffici e scuole che rimangono chiusi durante le ore serali, nei fine settimana e nei giorni festivi, rendendoli di fatto inaccessibili in molte situazioni di emergenza.

L’importanza di un intervento tempestivo

Ogni giorno, 165 persone apparentemente sane sono colte da morte cardiaca improvvisa, con un totale annuo che supera le 60mila vittime. La questione della disponibilità effettiva dei Dae assume quindi un ruolo centrale nella gestione dell’arresto cardiaco extraospedaliero. Federico Semeraro, presidente di European Resuscitation Council (Erc), sottolinea l’importanza di un intervento tempestivo, evidenziando che l’avvio immediato delle manovre di rianimazione cardiopolmonare e l’uso del defibrillatore entro 3-5 minuti possono aumentare le probabilità di sopravvivenza del 50-70%. Ogni minuto di ritardo nell’intervento, infatti, comporta un danno cerebrale irreversibile per la vittima, riducendo drasticamente le possibilità di recupero.

La situazione nei centri urbani

L’analisi condotta sui defibrillatori installati nei centri storici di Bologna e Cuneo ha confermato la tendenza nazionale: l’81% dei dispositivi presenti a Bologna e il 76% di quelli situati a Cuneo risultano collocati in edifici non accessibili in orari extra-lavorativi. Questa situazione evidenzia la necessità di ripensare la gestione dei Dae per garantire una maggiore fruibilità.

Le possibili soluzioni

Una delle possibili soluzioni, suggerita da Guglielmo Imbriaco, membro del comitato scientifico di Irc e coautore dello studio, consiste nel trasferire i defibrillatori all’esterno degli edifici, proteggendoli con teche specifiche che ne garantiscano la sicurezza e la resistenza agli agenti atmosferici. Un’altra strategia chiave è l’implementazione di un’applicazione nazionale per smartphone che permetta la geolocalizzazione in tempo reale dei Dae disponibili, facilitando così il loro reperimento in caso di emergenza, come previsto dalla normativa vigente.

Un’opportunità da ottimizzare

Il dibattito sulla gestione dei defibrillatori pubblici si inserisce nel più ampio contesto delle strategie per migliorare l’efficacia degli interventi di primo soccorso. La diffusione capillare dei Dae rappresenta un’opportunità concreta per salvare vite, ma la loro accessibilità rimane un elemento cruciale su cui lavorare per rendere questa risorsa realmente efficace nel momento del bisogno.

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