Cosa intendo per “feudalesimo sanitario” 

L’intervento di Giovanni Mandoliti, Direttore Emerito del Dipartimento di Oncologia Clinica dell’Azienda ULSS 5 “Polesana”e Membro della Segreteria Nazionale del S.N.R. (Sindacato Nazionale dell’Area Radiologica).
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Giovanni Mandoliti, Direttore Emerito del Dipartimento di Oncologia Clinica dell’Azienda ULSS 5 “Polesana”

In una recente intervista a commento dell’editoriale di The Lancet ha parlato di feudalesimo sanitario. Cosa intendeva? 

L’espressione “feudalesimo sanitario” descrive una situazione in cui l’accesso ai servizi sanitari è caratterizzato da forti disuguaglianze e dipende più dal potere e dalle relazioni personali che dai criteri di equità e bisogno, come sancito nella prima parte dell’articolo 32 della nostra Carta Costituzionale (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…”) e nella Legge 883 del 23 dicembre 1978, frutto di una intensa mobilitazione sociale e culturale maturata nel nostro Paese e di una intensa collaborazione tra le forze politiche che, istituendo il Servizio Sanitario Nazionale, introdusse i tre principi cardine dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità.   

Cosa potrebbe comportare? 

Questo tipo di situazione può portare a una divisione della società simile a quella del feudalesimo, dove pochi hanno accesso privilegiato alle risorse, mentre la maggioranza ne è esclusa o ne usufruisce in modo limitato, creando una sorta di gerarchia simile a quella del feudalesimo medievale, dove pochi privilegiati hanno accesso immediato e di alta qualità alle cure, mentre molti altri faticano ad ottenere i servizi di base. 

Un sistema che, anziché essere un pilastro di uguaglianza, spesso diventa un castello in cui pochi detengono il potere, mentre molti si trovano a lottare per accedere ai servizi di base.  

Da un lato, abbiamo i “signori” della sanità: dirigenti, amministratori e politici che detengono il controllo delle risorse e delle decisioni. Dall’altro, i “vassalli”, cittadini comuni che, nonostante contribuiscano attraverso le tasse, devono spesso affrontare lunghe attese, scarsa assistenza e un senso di abbandono. Tale disparità non è solo una questione di ingiustizia sociale, ma ha anche impatti concreti sulla salute delle persone. 

Chi non ha accesso tempestivo alle cure, rischia maggiori complicazioni, peggiori prognosi e, in definitiva, una qualità della vita inferiore. Dobbiamo aspirare a un sistema in cui la salute sia un diritto, non un privilegio. 

Quali le soluzioni? 

È necessario riequilibrare il potere, investire nelle infrastrutture sanitarie di base e garantire che ogni persona, indipendentemente dal reddito o dallo status, possa accedere alle cure necessarie. È tempo di costruire un sistema sanitario che serva tutti equamente, dove la salute non è una lotteria di privilegi, ma un fondamento di giustizia sociale. 

Un “rinascimento sanitario” ispirato ai valori del Rinascimento italiano: innovazione, eccellenza, e umanità. Il Rinascimento fu un’epoca di riscoperta e innovazione; allo stesso modo, il “rinascimento sanitario” deve riscoprire i valori fondamentali della cura e della dignità umana, innovando non solo in termini di tecnologia medica, ma anche nei modelli di assistenza e nella gestione delle risorse. 

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