In alcuni casi, i neonati affetti da cardiopatie congenite presentano difficoltà alimentari, che possono contribuire allo sviluppo di malnutrizione e deficit di crescita. Questi fattori sono determinanti non solo per la sopravvivenza, ma anche per la gestione delle infezioni ospedaliere, i tempi di ospedalizzazione e la complicazione di interventi chirurgici. Studi hanno dimostrato che un peso insufficiente al momento dell’intervento cardiochirurgico è correlato a un aumento della mortalità.
“La malnutrizione è causata da diversi fattori, tra cui l’aumento del fabbisogno energetico, che dipende dall’elevato consumo energetico del cuore e dall’ulteriore impegno dei muscoli respiratori. Inoltre, il ridotto apporto di cibo volontario, a causa di difficoltà nella deglutizione o nell’alimentazione, gioca un ruolo fondamentale”, spiega il Dott. Gabriele Rinelli, Presidente della SICP. “Nei pazienti portatori di cardiopatia congenita che dovranno essere sottoposti a intervento cardiochirurgico, una corretta alimentazione è fondamentale per garantire un peso adeguato prima della procedura”.
Nei neonati con cardiopatia congenita, non è possibile prevedere a priori se avrà problemi di crescita, poiché lo stesso tipo di difetto cardiaco può comportare percorsi di crescita differenti nei vari pazienti. Di conseguenza, in assenza di complicazioni specifiche, la dieta dovrebbe essere il più convenzionale possibile nei primi mesi di vita.
Cardiopatie congenite: l’importanza di un’alimentazione precoce
In occasione della Giornata Mondiale delle Cardiopatie Congenite, che ricorre il 14 febbraio, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) e la Società Italiana di Cardiologia Pediatrica e delle Cardiopatie Congenite (SICP) ribadiscono l’importanza cruciale di garantire un’alimentazione adeguata a questi soggetti vulnerabili.
Un aspetto fondamentale nella gestione alimentare dei neonati con CHD è l’alimentazione precoce. L’ESPNIC (European Society of Paediatric and Neonatal Intensive Care) raccomanda di avviare l’alimentazione enterale entro le prime 24 ore dal ricovero, nei neonati a termine e clinicamente stabili. Questo approccio è essenziale. Non solo aiuta a raggiungere gli obiettivi energetici necessari, ma contribuisce anche a ridurre il rischio di infezioni e a combattere la malnutrizione in modo tempestivo.
“Il latte materno rappresenta l’opzione ottimale per l’alimentazione di tutti i neonati, in particolare per quelli critici o vulnerabili come i bambini con cardiopatia congenita”, afferma il Prof. Massimo Agosti, Presidente della SIN. “Il latte materno favorisce la tolleranza alimentare, sostiene il corretto funzionamento gastrointestinale e stimola la maturazione del sistema immunitario. Inoltre, riduce il rischio di complicazioni come l’enterocolite necrotizzante pre-operatoria”.
Purtroppo, l’accesso al latte materno può essere ostacolato da diversi fattori esterni. Ad esempio, la separazione tra madre e bambino, che si verifica spesso in contesti medici complessi. Inoltre, l’ambiente della Terapia Intensiva Neonatale può risultare estremamente stressante sia per la madre che per il neonato. Ciò rende difficile avviare una routine di allattamento regolare. In questi casi, il supporto del personale sanitario diventa determinante per garantire il corretto avvio dell’allattamento.
Latte umano donato: una risorsa importante
“Quando il latte materno non è disponibile, il latte umano donato rappresenta un’ottima alternativa”, conclude la Dott.ssa Daniela Doni, Segretario del Gruppo di Studio di Cardiologia Neonatale della SIN. “Il latte umano donato offre tutti i benefici dell’allattamento al seno. Inoltre, migliora la tolleranza alimentare del neonato. È fondamentale che le famiglie e i professionisti sanitari siano adeguatamente supportati in questo delicato percorso alimentare. Solo così si può garantire il miglior inizio possibile per questi piccoli pazienti”.
Infine, dopo l’intervento cardiochirurgico, l’introduzione precoce dell’alimentazione, anche con piccole quantità di latte, è fondamentale. Aiuta a raggiungere più rapidamente gli obiettivi energetici necessari per la crescita. Questo approccio non solo accelera il recupero, ma riduce anche il rischio di infezioni. Inoltre, contribuisce a migliorare la qualità della vita e lo sviluppo a lungo termine dei bambini con cardiopatia congenita.