Cosa sta accadendo? Qual è il clima che si respira oggi tra i medici?
È una situazione drammatica, e purtroppo non si tratta di un fenomeno nuovo, ma di qualcosa che, negli ultimi tempi, sta diventando sempre più frequente e visibile. Gli episodi di violenza fisica e verbale sono all’ordine del giorno, e quelli che emergono alla cronaca, come i fatti recenti di Foggia, sono solo la punta dell’iceberg. Ci sono molti medici, infermieri, operatori sanitari che, pur non subendo aggressioni fisiche, vivono un costante clima di tensione a causa di attacchi verbali, minacce e insulti da parte di pazienti o loro familiari.
Parliamo proprio di Foggia, dove un medico è stato vittima di un grave episodio di violenza.
Il caso di Foggia è emblematico di un problema che ormai si è diffuso a macchia d’olio in tutta Italia. È inaccettabile che chi dedica la propria vita alla cura degli altri, spesso in condizioni già difficili, debba anche temere per la propria sicurezza fisica. Questo episodio, come tanti altri, dimostra che il problema della sicurezza degli operatori sanitari è reale e urgente.
Come spiega questa crescente ostilità nei confronti del personale sanitario?
Simona Autunnali: Le cause sono molteplici. Da un lato, c’è un sistema sanitario che sta subendo forti pressioni, con risorse sempre più limitate e una richiesta crescente di cure. I tempi d’attesa, la carenza di personale e le strutture in affanno creano frustrazione nei pazienti, che spesso, purtroppo, si sfogano con chi è in prima linea. Dall’altro lato, c’è una crescente mancanza di rispetto e comprensione verso il ruolo del medico. Il personale sanitario è visto sempre più come un “erogatore di servizi”, piuttosto che come una figura professionale che lavora per il bene del paziente.
Ci sono dei dati o delle statistiche che confermano questa tendenza alla violenza?
Sì. Purtroppo i dati ci mostrano un quadro preoccupante. Nel 2023, il numero di aggressioni nei confronti del personale sanitario in Italia ha raggiunto livelli allarmanti, con oltre 16.000 episodi segnalati e circa 18.000 operatori coinvolti. Di queste aggressioni, il 68% è stato di natura verbale, mentre il 26% fisica. Gli ambienti più colpiti sono i Pronto Soccorso e le aree di degenza, ma anche gli ambulatori di medicina generale e le ex guardie mediche. La maggioranza delle vittime sono i camici rosa, e i principali aggressori sono i pazienti stessi, seguiti dai familiari. Si tratta di un fenomeno in forte crescita, con un sistema ancora inadeguato a garantire piena sicurezza.
SNAMI cosa propone per contrastare questa deriva?
Purtroppo della solidarietà non ce ne facciamo più nulla, vanno bene misure come il daspo per i responsabili di violenza ma questo è solo un inizio. Non possiamo più permettere che chi lavora in ospedale o in ambulatorio debba temere per la propria incolumità.
Servono investimenti per la sicurezza, con la presenza di forze dell’ordine, telecamere e sistemi di allerta rapida. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione, sensibilizzando la popolazione sull’importanza del rispetto reciproco e della fiducia nel rapporto medico-paziente. Sono necessari interventi socio-culturali nelle scuole: progetti in sinergia che coinvolgano le istituzioni e la comunità. La violenza sugli operatori sanitari è una parte del grande disagio che sta vivendo la nostra società. Per questo è necessario intervenire oggi soprattutto per il prossimo futuro. È inoltre importante investire anche sulla formazione del personale sanitario, affinché possano riconoscere le situazioni “di pericolo” e abbiano gli strumenti per disinnescare i fenomeni violenti.
Non in ultimo è chiaro che serve una riforma del sistema sanitario. Servono più risorse e un’organizzazione più efficiente, per ridurre le tensioni che si creano quando i servizi sono inadeguati. Non è solo una questione di sicurezza fisica, ma anche di fiducia e di percezione del ruolo del medico.
Esattamente. Se si vuole alzare il livello delle cure, allora il medico deve poter lavorare in un ambiente sereno. Rispetto reciproco e collaborazione con i pazienti sono le condizioni essenziali per svolgere al meglio la professione di medico. Se manca questo, non si parla più solo di violenza fisica o verbale ma di un clima di sfiducia che mina la qualità del servizio sanitario.
Di certo urgono interventi legislativi che puniscano in maniera esemplare chi si rende responsabile di queste aggressioni. Non possiamo più accontentarci di misure simboliche o promesse che non trovano mai applicazione pratica. Ci vuole fermezza e decisione per tutelare il SSN, un fiore all’occhiello del nostro Paese che però in Italia non sembra più essere al centro delle attenzioni istituzionali e politiche. Non è solo una questione di tutela dei diritti dei lavoratori, ma della sicurezza e della dignità di tutto il servizio sanitario e della nostra comunità.